giovedì 11 luglio 2013

Nuovo album

E' una notizia dell'ultimissima ora quella secondo cui Joe si sarebbe messo da poco a lavoro per la stesura del suo prossimo disco solista in studio. Ecco le parole di Joe Bonamassa a riguardo:
 "Oggi inizio ufficialmente a scrivere il nuovo album che registreremo in inverno. La prima canzone di solito stabilisce l'andamento di un album, ma non la sua forma per intero. Sono felice di aprire un nuovo capitolo della mia carriera musicale e di concentrarmi sul mio primo amore. Il Blues!"
Grande Joe!!!


lunedì 8 luglio 2013

Intervista a Joe Bonamassa e George Benson

4 Luglio:  Red, White & Blue
Celebriamo questo mese la nascita della nostra nazione (riferito agli USA ovviamente) , perciò è importante fare un punto della situazione sul nostro contributo artistico al mondo. Nonostante la giovane età di questo paese (almeno rispetto agli altri), ben tre delle forme artistiche musicali di maggiore impatto sono nate all'interno di questi confini: blues, jazz e il loro figlio, il rock and roll. Dopo aver attraversato il nostro patrimonio misto e il nostro turbolento passato, anche se non sempre in modo armonioso, il blues , il rock e il jazz si sono originati e diffusi in tutto il mondo , portando gioia e ispirazione a milioni e milioni di persone. Anche se tutti i discorsi intorno al 4 Luglio tendono a sottolineare il contributo della nostra nazione alla governabilità, alla democrazia , alla libertà e alla politica, non bisogna dimenticare persone come Robert Johnson, Muddy Waters, Miles Davis, John Coltrane, Elvis Presley, Bruce Springsteen e tanti altri appartenenti ad una lunga lista di nomi meritevoli per aver contribuito a tenere alta la bandiera americana, grazie ai loro stili musicali. Come questa nazione è il frutto di una ribellione, cosi lo è anche la musica che abbiamo prodotto. La nostra nazione è venuta fuori da una rivoluzione contro lo status quo e la nostra storia musicale continua nella stessa maniera in cui lo fanno il rock, il jazz e il blues. Quello che ne viene fuori è di per sè un sogno americano. Speriamo davvero che quello che abbiamo da offrire possa darvi l'ispirazione per iniziare la vostra rivoluzione musicale, e vi auguriamo un felice 4 luglio.



Introduzione
Due grandi chitarristi di due generazioni differenti, cosi gentili da trovare un buco nel loro fitto calendario di concerti e registrazioni per parlare un po con noi. George Benson sta per iniziare un tour che lo porterà in Germania, Serbia, Svizzera e Italia nei giorni in cui verrà pubblicata questa intervista nei rispettivi paesi. Per Bonamassa invece l'estate gli riserva delle date europee con una densa concentrazione di concerti nel Regno Unito. Entrambi promuovono il loro disco, Benson con il suo bellissimo Guitar Man che vede la partecipazione di un gruppo di stelle della musica, e Bonamassa con il disco insieme a Beth Hart e un album di orientamento funk che si intitola We Want Groove.

Intervista

- L'Ibanez George Benson vede la luce nel 1978. Ci sono stati molti cambiamenti o modifiche negli anni successivi?
GB: Alcuni cambiamenti alla GB10, che è uno dei primi modelli. Poi c'è la GB20 che è una chitarra specifica per il jazz. La GB 10 è un ibrido. E' una via di mezzo. Ho progettato questa chitarra per la gente che viaggia, per dargli l'opportunità di tenere la chitarra sopra le loro teste , in aereo.

- Davvero? Quindi le dimensioni sono pensate anche per far risparmiare un pò sulle spese generali ?
GB: Quello era uno dei grandi vantaggi nell'avere una chitarra di quelle dimensioni. Un'altro era quello di eliminare i rumori di fondo che possono esserci quando alzi il volume al massimo.

- Un pò come accade con le Box Guitars?
Le Box Guitars più grandi hanno poco ronzio di sottofondo.

- Stessa domanda per te Joe. Nel progettare la tua signature, quella basata sulla Goldtop, che tipo di richieste hai voluto fare alla Gibson che si è poi occupata della produzione?
JB: Volevo uno stile Goldtop'50, sicuramente. Ci piaceva il battipenna all'inglese, tipo quello che c'era sulla chitarra di Jeff Beck , che probabilmente se l'era fatto artigianalmente. Un altro punto importante, lo spessore del manico. In quel periodo ero preso dai manici più spessi, tipo quello bello grande della '58, quindi abbiamo scelto un manico simile a quello. Il retro della chitarra è di colore nero il che è un pò una cosa critica per l'estetica dello strumento. E' basata su una chitarra che portarono al negozio di mio padre, aveva subìto cosi tanti danni che sul retro, per nasconderli, la verniciarono di nero. Questo perchè le Les Paul si rompono quando le lasci appoggiate sulla sedia e poi cadono.

- George , di solito usi una Guild Artist Award. E' una chitarra che tende a ad essere un pò rumorosa, di sottofondo? Intendo feedback, ronzii...
GB: Mi ha insegnato qualcosa. Mi ha insegnato a settare la mia chitarra cosi da non sentirli più molto. Un buon 80% di rumore riesco ad eliminarlo posizionando l'amplificatore in un certo modo, invece la GB10 non ha questo problema più di tanto, è abbastanza silenziosa. Potrei mettere il volume al massimo sul palco mentre suono con un sintetizzatore, un sassofono e altre chitarre. Quindi fa quello per cui è stata progettata in maniera davvero ottima.
E' uno strumento davvero forte inoltre. Le mie chitarre spesso si rompono. Il manico che si piega e i vari cambi di temperatura a cui la chitarra è sottoposta, problemi del genere. Ha sempre bisogno di qualche aggiustamento. La portavo al negozio dove dovevano aggiustarmela praticamente ogni due o tre giorni, mi ero stancato. Quindi il mio accordo con l'Ibanez era che loro avrebbero dovuto costruire una chitarra che fosse sempre in buono stato di marcia, cosi che non devi per forza avere la cassetta degli attrezzi con te. Hanno fatto praticamente in modo che tutto potesse essere aggiustato a mano. Puoi regolare tutto senza bisogno di utensili. Non solo il tailpiece e il ponte, anche le chiavette per l'accordatura.

- Joe, prima hai parlato del negozio di tuo padre. Sei cresciuto nei negozi di musica. In particolare in mezzo a chitarristi di orientamento blues, deduco proprio che tu sia un grande amante della strumentazione.
JB: Oh si, certo. Le colleziono. Essenzialmente sono un collezionista di pezzi rari degli anni 50 e 60. Alcuni collezionano cartelli pubblicitari di motociclette degli anni 30. Altri collezionano vecchi impianti di illuminazione o racchette da tennis o mazze da golf. Alcuni collezionano Les Pual '59, '60 o '58.

- Vai di frequente nei negozi di musica ancora oggi?
JB: Ogni giorno libero che ho. Quando siamo in giro cerchiamo un negozio di musica. Andiamo matti per i vecchi negozi di musica che sono pieni di roba da esplorare, perchè puoi sempre trovare una perla preziosa. Ma non cerco Stratocaster , Telecaster o altre cose che uno si aspetterebbe. Voglio trovare cose che nessuno ha, ecco perchè sono un collezionista. Sto cercando qualche strano pedale antico o qualche amplificatore valvolare, o qualche altrà assurdità come queste.



- George adesso quale modello di George Benson stai usando per suonare nei live? LA GB10 o la GB20?
GB: Quella che suono ora è la LGB 300, che sta per Little George Benson, ed è una chitarra fantastica. E' come, non so se ti ricordi, la chitarra Johnny Smith. Aveva il manico e la tastiera che erano fantastici ed è quello che volevo su questa chitarra. Inizialmente l'Ibanez non sapeva cosa fosse. Non ne avevano mai sentito parlare. Ho detto: "Cosa?!" poi quando mi hanno richiamato dissero "Lo sai, abbiamo trovato la chitarra. Abbiamo capito come fare il manico e la tastiera". Dissi : "La voglio proprio cosi". E l'hanno fatta uguale. Amico, è facile da suonare. Puoi farci sia accordi che assoli. Sai, cose su una corda sola ecc. Quindi credo sia la chitarra più adatta adesso per me.

- Passiamo agli amplificatori, Joe, hai mai fatto esperimenti con le nuove tecnologie riguardo i modelli di amplificatori?
JB: Perchè? Voglio dire, se ho bisogno di un suono come quello del Super Lead Marshall. Devo solo collegare un Super Lead Marshall. Preferirei collegare un vero Twin. E non è necessario che sia vintage. E' come se qualcuno mi dicesse ecco un modello del Blackface Twin, e il prezzo sul cartellino è lo stesso della riedizione del Blackface Twin. Prenderei il Twin.

- Quali amplificatori ti porti dietro per i tuoi ultimi concerti?
JB: Un paio di Marshall, small box 50s, alcuni DSL. Poi ho un amplificatore Suhr e qualche altra cosa.

- George, cosa ci dici del nuovo amplificatore Fender che porta il tuo nome?
GB: Il tizio della Fender mi ha chiesto : "Qual'è il tuo amplificatore preferito? Io credo di saperlo. Credo che usi un Polytone". Ho risposto: "Si. Lo uso da tanti anni". Quindi mi hanno chiesto: "Cos'è che ti piace di un Polytone?" ed ho rispetto che mi piace il fatto che faccia suonare in maniera naturale una chitarra. Non ci sono accentuazioni sugli alti o sui bassi. Il suono è molto naturale.
Ho detto : "Sapete, conosco la Fender, so quanto valgono i prodotti Fender, ma da musicista jazz , questo è quello che cercavo"
Cosi abbiamo iniziato a cercare il giusto suono  finchè a un certo punto ho detto "hey, questo mi piace". Un suono chiaro, in cui gli alti e i bassi sono come dovrebbero essere, senza essere eccessivamente sovraccarichi. In più mi hanno dato dei tappi per le orecchie che non avevo...Con un Fender basta mettere il volume a 2 o 3 e già suona molto forte. Poi abbiamo pensato al cabinet, a come renderlo più leggero possibile. "sapete una cosa? - gli ho detto - quando ero ragazzo un amplificatore cosi poteva pesare pure un quintale, ma oggi..." E loro mi hanno risposto "La sai una cosa tu? Possiamo diminuire il peso perchè lo speaker che usiamo è differente." Il peso è sceso fino alla metà. Sai quanto è bello per quelli che suonano come me? Ci sono un sacco di persone che suonano nei ristoranti, nei clubs, e tutti quei tipi di concerti, capisci cosa intendo?".

- Ok. Tutti e due siete cantanti. Joe, usi dei modelli di microfoni particolari?
JB: Ho usato per moltissimo tempo un Beyer (dinamico) , M88, M69. Di solito uso l'M88, ma adesso dal vivo sto usando l'M69.

- E te, George?
GB: Facciamo qualche esperimento a volte. Ne ho uno wireless che voglio usare. Non so neanche dirti quale sia.

- E in studio ?
GB: In studio ci atteniamo ai microfoni Shure 57 , 58, o qualunque altro.

- Per la voce?
GB: Certo amico. Poi c'è l'SM7. Quello l'abbiamo usato per la voce di "Give me the night."

- E per i monitor da palco, hai una strategia , Joe?
JB: Ho iniziato ad usare gli in-ear monitor dall'anno scorso e non c'è niente di meglio se canti. Sicuro al cento per cento. Suona meglio.

- Te quali usi George?
GB: Dei monitor da terra. L'altro modo è troppo complicato per me. Ne sfugge una mentre devi suonare o cantare , sei nei guai. Quindi mettiamo i monitor di fronte a me sul palco. Quelli della mia band usano queste cose per le orecchie, i tappi."

- Joe cosa usi invece riguardo allo slide, al capotasto, le crode ecc...?
JB: Uso per le crode le Ernie Ball. Quelle da 11 e 52 , le userei comunque anche se non avessi accordi con la Ernie Ball, perchè mi piacciono. Uso uno slide Dunlop, di metallo. Non mi piacciono quelli di vetro. Ma ho usato anche quelli in passato. Il mio "equipaggiamento" è composto da cose che userei comunque anche per conto mio. Ora possono darmeli gratis, ma anche prima li usavo, sono un loro clienti da molti anni.

- Beh , questo è come dovrebbe essere forse, che il fabbricante individua un artista rispettato che già usa i suoi prodotti e dice, hey, perchè non facciamo un accordo tra di noi? Invece di...
JB: Si, non hai tutti i torti. Voglio dire ogni giorno incontri gente che ha una valigia piena di pedali artigianali e ti dicono questo è meglio di un Tube Screamer. Io dico , no, non lo è. Smettetela di dire queste cose. E' diverso da un Tube Screamer. Il Tube Screamer è un pedale leggendario. E' fantastico e suona alla grande. Ci sarà un motivo se viene usato da tanti, da chi fa metal a chi fa blues. Non stai reinventando nulla. Mostrami qualcosa che sia differente. Fammi sentire qualcosa che sia funky. Cosa ne pensi di un ring modulator? Se avessi avuto una moneta per ogni volta che ho ho visto un Tube Screamer modificato, io ho modificato questo, io ho modificato quest'altro...ragazzi, state andando fuori strada. Chi si inventa il prossimo Univibe? e  il prossimo Rotosphere?

- Riguardo a te George. SA proposito di "piccola" strumentazione per la chitarra, c'è un plettro che preferisci?
GB: I plettri sono frutto di un mio progetto. Sono leggermente differenti da quelli standard, o da quelli che chiami Nick Lucas o Fender. Sono molto simili ai Fender, ma hanno una forma diversa ed è così che la Ibanez ha creato i plettri George Benson.

- Capisco...
GB: Ma ho in progetto di fare alcune cose con la Fender, come la tracolla o cose del genere,  qualche novità che potrebbe interessare o che i chitarristi vorrebero avere da portare sul palco e perchè no magari per avere spunti per nuove idee o cose del genere.

- In quanto ai cavi jack? Usi sempre gli stessi jack?
GB: I tizi della Monster mi hanno dato un pò di cavi jack da portare in giro con me. Abbiamo sperimentato per un paio di anni con quei cavi.  Forse la Fender progetterà un nuovo cavo jack. Hanno diversi modelli che mi diverto a provare, per vedere cosa succede.

- Bello. Ci sono delle qualità specifiche che cerchi dai tuoi compagni di band?
GB: La migliore  band che io abbia mai avuto era la Breezin' band, perchè era un gruppo vario. Hanno attitudini musicali differenti, cosi come le loro esperienze di vita. Jorge Dalto era dell'Argentina, quindi conosceva molto bene la musica folk argentina, voleva essere un musicista jazz, ma portava con lui sempre un pò di quella musica folk. Quindi aveva un'ottima conoscienza delle armonie, e riusciva a dare dei colori al suono che non sempre trovi nella musica jazz. Molto legato alla progressione 2/5 dell'R&B , ma suonava tutto molto bene. Il suo stile era semi-classico. Poi c'era Ronnie Foster , la punta di diamante. Per lui era cosi facile suonare, già da ragazzo, a 15 anni. Sapeva suonare qualsiasi cosa. Aveva molto orecchio. Era uno a cui piaceva sperimentare e questa cosa mi piaceva di lui. Non era mai noioso. Non sapevo cosa avrebbe suonato dopo, ma credo che nemmeno lui lo sapesse. Semplicemente si immergeva negli assoli con tutti e quattro ed erano sempre fantastici.

JB: Hey, prima di andare, voglio dirvi che voi, ragazzi, mi avete salvato. Il mio Rotosphere è morto, dopo averlo tenuto per anni, nel bel mezzo dello show, la scorsa notte. Pensavo ci fosse qualcosa che non andasse nel loop, ma abbiamo capito che era il Rotosphere e voi siete stati cosi gentili da ordinare un Rotosphere Hughes & Kettner nuovo di zecca per me. Boom , la mattina dopo alle dieci era li. Ora fa parte della mia pedaliera e va alla grande, quindi non sono solo l'intervistato....com'era quella vecchia pubblicità della Sy Sperling?

- "Non sono solo il presidente dell'Hair Club, sono anche un cliente"
JB: Sono anche un cliente. Quindi stiamo parlando del servizio clienti, e i lettori devono sapere che il livello di servizio e professionalità come i tempi di spedizione, sono senza paragoni.

- Mi fa molto piacere, Joe
GB: Hei, devo fare un salto giù per prepararmi, mi fanno un pò male le mani oggi, devo fare dello stretching per circa un'ora per renderle più agili. Si, faccio esercizi tutti i giorni. Provo a prepararmi, ma provo anche a godere dei vantaggi del backstage di questa bellissima arena, quindi metterò l'amplificatore nel box doccia e lo farò scoppiare.

domenica 7 luglio 2013

Telling Stories

D. Boy 
 Telling Stories 
Il blues parla all'anima, non ha a che fare con il successo, anzi, spesso il vero blues è il frutto di un insuccesso personale. Come i primi bluesman della storia , che non godevano certo di condizioni sociali invidiabili. Ma il mondo cambia , si evolve, cosi anche il blues. I bluesman non lavorano più nei campi di cotone, non almeno quelli che conosciamo noi. Sono comunque sicuro che in qualche posto sperduto, qualche bravo uomo stia scrivendo una canzone nuovae e unica, con i limitatissimi mezzi a disposizione e senza neanche sapere che esistono tecniche o regole specifiche da seguire come musicista. Parlando del blues che in qualche modo riesce a far sentire la propria presenza a livello mondiale non c'è dubbio sul fatto che rimane quella caratteristica di indipendenza a qualsiasi schema commerciale o di spettacolo. Considerando le varie crisi (discografica, economica, o personale dei vari artisti spiaccicati in prima pagina senza motivi musicalmente validi) lo scenario in cui si inserisce lo spettacolo del signor Bonamassa ha dell'incredibile . O forse no, forse basta avere personalità, basta essere fieri e orgogliosi del proprio duro lavoro , ed ecco che anche uno umile e timido come Joe intraprende una carriera che accompaganta dal talento eccezionale, lo porta in giro per il mondo alla media di 200 concerti all'anno. Rimane la voglia, dei veri bluesman, di tradurre in musica un sentimento che condividiamo tutti quanti soprattutto quando la vita non procede come avremmo sperato. Il blues non insegue il successo, ma a volte lo trova, come nel caso di Joe, beffandosi della logica commerciale secondo cui un musicista deve preconfezionare le sue canzoni adattandole a strutture e suoni prestabiliti. Scappando da tale logica riesce a dare in pasto al pubblico proprio quello che il pubblico vuole. Quando queste succede le grandi menti del marketing del music business me li immagino rossi, con il fumo che gli esce dalle orecchie, gli occhi gonfi e il rumore del bollitore a pressione in sottofondo. Che tanto nessuno meglio di un artista in fuga da tutto questo può capire veramente quello che il pubblico vuole. Perchè un vero bluesman, come Joe, non sta sul piedistallo, sta in mezzo al pubblico , non ha da impartire lezioni di vita , nè poesie , ma guarda i maestri del passato con il rispetto che è dovuto loro. Il blues è più di una semplice musica, è il racconto della verità, del dolore, delle diffidenze e dei dispiaceri del genere umano. E' tutta una serie di realtà che alla fine non è musica, è più una situazione. Il blues trascende la musica. Abbraccia l'essere umano che è dentro il musicista che sta tra il pubblico.

(D.Boy) 

La playlist della Vale oggi contiene :  
1- Robert Johnson: Sweet home Chicago
1- Joe Bonamassa: Blue & Evil
2- Joe Bonamassa: Dust Bowl
3- Otis Redding: Sitting on the dock of the bay
4- Led Zeppelin: Kashmir


giovedì 4 luglio 2013

Speciale Tour De Force (4 di 4)

Da Classic Rock Magazine di Luglio 2013
Pochi posti sono unici come la Royal Albert Hall. Non in termini di grandezza, ci sono arene in questa nazione che possono contenere molte più persone. Ma in termini di pura grandiosità, non c'è posto che tenga. Stare al centro è come trovarsi nel mezzo di una vasta e magica scatola per torte. E' certamente una location prestigiosa, e lo spettacolo di Bonamassa stasera è il coronamento dell'avventura inglese. Anche se non si direbbe guardando i corridoi vuoti del backstage. La stella della serata non si fa vedere, presumibilmente ora è chiuso nel suo camerino a cercare di darsi una calmata. Carmine Rojas, Tal Bergman e il percussionista Lenny Castro si rilassano un po' dentro e un po' fuori dai rispettivi camerini, come fanno altri tre strumentisti (che suonano mandolini, nickelharpa, percussioni latine e tastiere) che stasera saliranno sul palco per accompagnare Joe nel set acustico di otto canzoni che farà da apertura al concerto.



Un'altra figura che si muove qui intorno, e che lo fa da un paio di giorni è Kevin Shirley. Di poche parole, ma amichevole. Nato in Sudafrica, Shirley è il produttore e il direttore musicale del tour di Bonamassa. Come spiega lui stesso: "Mi occupo di un sacco di aspetti che riguardano lo show: i tempi delle canzoni e gli arrangiamenti. Io mi assicuro che lo show possa rendere al meglio, cosa che Joe fa già di suo, in maniera molto naturale, ma se posso, provo anche a migliorarlo."
Shirley è affianco a Bonamassa dall'album You and Me del 2006. Ha aiutato il chitarrista a focalizzare meglio non solo la propria musica, ma anche l'immagine e l'estetica (inoltre fu Shirley a mettere insieme la band Black Country Communion, salvo poi assistere impotente al suo disfacimento). Il produttore è la mente di queste 4 serate. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma confidava nei suoi mezzi e nelle sue capacità. "Il fatto è che Joe non si tirerà mai indietro di fronte ad una sfida" dice Shirley. "Sapevo che ce l'avrebbe fatta perché sapevo che poteva, questo è il suo lavoro, è un musicista, questo è quello di cui si occupa." Come Roy Weisman, Shirley sa che una grande parte dei fans di Joe sono scontenti per via dei prezzi dei biglietti. Ma non c'è modo di pensare che Joe sia più un businessman che un bluesman. "Ascolta - dice con decisione - tutto questo è una grossa produzione. Richiede un sacco di soldi per essere portata sulla strada. Dovevamo prendere una decisione, semplicemente. Se avessimo messo in piedi uno show qualunque sarebbe stato differente. Tu sei stato qui tutta la settimana. Hai mai visto qualcuno lamentarsi?" Questo è un punto interessante, e la prova del nove sarà la risposta del pubblico di stasera. All'apice della favola delle quattro serate, il concerto di stasera ricopre tutti gli aspetti musicali della carriera di Joe: il fatto che non ci sia un  appellativo come "notte del blues" o "notte del rock" dice tutto. Abbiamo versioni acustiche di Jelly Roll (John Martyn), Seagull (Bad Company), Jockey Full Of Bourbon (Tom Waits) e Athens to Athens (Bonamassa). Pezzi elettrici come Slow Train, Driving Towards The Daylight e The Ballad Of John Henry. Sembra una grande festa perché è cosi che deve essere.


Quando abbandona il palco dopo una trionfante esecuzione di Sloe Gin, seguita da Just Got Paid, sembra un morto che cammina. La faccia sudata, i capelli scompigliati. Anche il suo vestito sembra stanco. Ma è pur vero che ha suonato 62 canzoni con 12 diversi musicisti. Chi pensa che Joe sia la nuova finta rockstar o l'Anticristo del blues, qui ha il modo di schiarirsi le idee.


Intervista parte 4

- Ti senti ancora un artista di nicchia?
Oh, si.

- E' un ambiente piacevole?
Credo di si. Sono un artista underground, ed è bello. Ed è facile vivere in una bolla. E' facile mettersi a pensare: "Wow, stiamo facendo le cose davvero in grande". Ed è davvero grande. Ma non quanto i Foo Fighters a Wembley, o 24 notti alla O2 Arena, come ha fatto Prince. Siamo ancora una band di media statura che si sta avvicinando.

- Ti dà fastidio il fatto di non avere tanta attenzione da parte dei media?
Devo aver offeso qualcuno di quelli del Rolling Stone. E' come se fosse in corso una campagna di esclusione. Ho pubblicato 12 o 13 album, l'ultimo è stato l'unico che hanno recensito. Gli hanno dato 3 stelle. Forse non era abbastanza alla moda, non c'era nessuna melodia punk-rock purtroppo. Ma il tipo di stampa giornalistica che preferisco è quando la gente viene al concerto e dice "questo concerto è stato grandioso" e vanno a dirlo ad altre persone.

- Pagheresti 1500 sterline per vedere quattro concerti?
(strimpella sulla chitarra per 10 secondi) Ogni giorno della mia vita trovo uno che dice "Seicento dollari per il tuo biglietto? Sei un idiota, Bonamassa". Sai, ti dico una cosa, l'idea iniziale era di far pagare dodici sterline e mezzo il concerto al Borderline. Questi biglietti sarebbero stati comprati da altre persone che li avrebbero rivenduti ai concerti o sul mercato nero dei biglietti al prezzo di seicento sterline. Un ragazzo mi ha scritto due settimane fa "Ho comprato i biglietti per la Royal Albert Hall su questo sito internet, quattro biglietti trecento sterline". Sai cosa è successo? Non ha ricevuto nessun biglietto perché è venuto fuori che il sito era una truffa. Cosi mi sono informato per vedere se il ragazzo dicesse la verità. Era stato onesto e sai come è finita? Gli ho dato sei biglietti gratis.

- Ma non hai risposto alla mia domanda. Pagheresti 1500 sterline per vedere 4 concerti?
Ok, torniamo alla tua domanda. Cosa abbiamo offerto alle persone che hanno acquistato il pacchetto vip? Non solo hanno acquistato l'accesso a tutti e quattro i concerti, ma hanno ricevuto un poster originale firmato a mano e la possibilità di camminare all'interno della Royal Albert Hall...si ok, sono un sacco di soldi. Ma è una cosa onesta. E' meglio che vendere l'incontro con un fan, o una foto con lui, oppure vendere biglietti per assistere al soundcheck, tutte cose che altri artisti fanno solitamente. Per tutto ci vogliono i soldi. L'elettricità che serve a scaldare il posto, si paga. Costa molto anche. Ma una stretta di mano dovrebbe restare gratis.

Cosa diresti a chi ti accusa di essere tanto "businessman" quanto musicista?
Bisogna esserlo. Bisogna esserlo. Non puoi solo suonare. E' sopravvivenza. Nessun musicista può dire che non vuole suonare davanti a più gente possibile. Nessun musicista può dire di non volere una luce più grande o dei monitor migliori, o la birra più buona. Tutto questo sfortunatamente ha un prezzo. La differenza tra il 2005 ed ora è che viene molta più gente. L'idea è la stessa, l'esperto di business è lo stesso, la voglia è la stessa, sia da parte mia che del mio manager Roy che ha progettato tutto questo. E' percepito come più grande, ma il concetto di base non è mai cambiato.

Quindi sei un businessman tanto quanto sei un musicista?
A volte ci penso basandomi sul nostro hotel. L'hotel in cui siamo adesso a Londra, l'intero hotel, è occupato da noi. Ognuno è qui per qualcosa che sa fare. Cantante, chitarrista, intrattenitore - mi occupo più di questo che del business. Ma si, siamo probabilmente al 50 per cento adesso.

Vuoi essere considerato come uno dei "grandi" della musica?
Sai, dicono parole come "legenda". Non fa per me. Voglio dire succede spesso. Non credo che la maggior parte della gente che suona la chitarra vive per diventare una legenda. BB King, Eric Clapton, Jimmy Page, Mark Knopfler, David Gilmour...la lista è molto corta. Loro hanno fatto dei dischi che sono incredibili; io ho scritto The Ballad Of John Henry. Non siamo proprio alla stessa altezza, ovvio no?

- Sei abbastanza modesto?
Ci sono un sacco di musicisti che hanno questa voglia sfrenata di salire il Monte Rushmore. "Hey, sono il cantante e voglio salire lassù in cima, accanto a Robert Plant e Freddie Mercury e Otis Redding ed altri ancora." Ma non so alla fine a cosa ti porta questo, oltre ad ottenere il tavolo migliore al Rainbow di Los Angeles.

- Quindi cosa vuoi da tutto questo?
Sarei contento se alla fine si dicesse: "ha fatto tutto quello che diceva di voler fare, ha fatto il meglio che poteva, con le migliori intenzioni". Questo mi basta. "Suonava la chitarra e cantava qualche canzone".

- Del tipo "Tirava a campare".
Si, tirava a campare (ride)


Finale
Ho capito molto di Joe Bonamassa in questi quattro giorni. L'ultima volta che l'ho visto era nel camerino. Un'ora dopo la fine del concerto. Diverse bottiglie di Coca-Cola sono appoggiate sul tavolo di fronte a lui, vicino ad un vassoio di scones con panna e marmellata di fragole. Sembra esausto, come un uomo che ha dato tutto quello che aveva da dare fino all'ultimo. Quella recensione negativa dell'inizio è ormai lontana. "Salve gente, grazie per essere venuti ed aver dedicato il vostro tempo a tutto questo". Questo appare abbastanza strano visto che è proprio lui quello che ha svolto il lavoro più difficile. Gli chiedo cosa ne pensa. "Beh sai, c'è sempre qualche problema tecnico durante uno show, cose strane che possono succedere. Ma è venuto fuori come avremmo voluto noi. Abbiamo fatto quello che dicevamo di dover fare. E' stato possibile grazie al pubblico, è merito loro".

(articolo originale WORDS: Dave Everley PORTRAITS: Ross Halfin per CLASSIC ROCK MAGAZINE LUGLIO 2013)








mercoledì 3 luglio 2013

Speciale Tour De Force (3 di 4)

Da Classic Rock Magazine di Luglio 2013
E' giovedì e sono le sei di pomeriggio quando Bonamassa propone di fare una passeggiata. Fuori dall' Hammersmith Apollo, la gente inizia ad affollarsi in occasione dello show di stasera ( soprannominata La notte del Rock), e il chitarrista vuole capire cosa si prova a mettersi in fila per uno dei suoi show. "Manteniamo un profilo basso, non vogliamo attirare l'attenzione".
E cosi ci ritroviamo a vagare fuori dall'Apollo  in mezzo alle persone che attendono di dirigersi verso l'entrata principale. Joe Bonamassa indossa una giacca pesante, occhiali da vista (non da rock star) e un cappello. Solo il mento suggerisce l'idea di chi sia veramente. Ci fermiamo vicino una bancarella di t-shirt non originali ( "queste sono meglio di quelle originali" dice tra il serio e lo scherzoso ) e quando un bagarino cattura la nostra attenzione Joe esclama un po' infastidito "Cosa? Cinquecento?"



Nessuno muove una palpebra quando siamo lì. In "abito civile" Joe Bonamassa è un uomo qualsiasi di trenta e passa anni che aspetta di entrare per assistere ad un concerto. Dopo un bel po' di tempo arrivano i primi "smascheramenti" educati e gentili. "Voglio solo dirti che ho visto il concerto di ieri sera ed è stato straordinario" dice un fan. "Grazie amico, sono contento che ti sia piaciuto" risponde Joe. "Ma non spargiamo troppo la voce ora". Se anche Bonamassa avesse paura che tra i suoi fans si nasconda un "Mark Chapman", ora si sentirebbe comunque al sicuro. Aspettiamo ancora cinque minuti e quando è chiaro che nessuno verrà ad assalirci, rientriamo dalla porta sul retro. La sua presenza è passata quasi inosservata. Potrebbe benissimo essere un ragioniere, anzi un ragioniere costantemente impegnato a digitare numeri sulla sua calcolatrice mentre ti parla. Poi però c'è l'altra faccia di Joe Bonamassa, quella che emerge quando indossa il suo vestito, come Superman. Questo emerge in particolare in un momento preciso dello show, verso la fine. Mentre sta eseguendo The Ballad Of John Henry, una delle canzoni migliori del suo intero catalogo e l'unica ad essere in scaletta in tutte e quattro le serate. Ad un certo punto della canzone Joe abbassa gradualmente il volume della chitarra, fino a che dalle corde non esce che un sussurro. Il pubblico è in silenzio, l'atmosfera è cosi densa che puoi tagliarla con un coltello e vendere le fette a Tesco spacciandole per hamburgers. Una voce solitaria in mezzo al pubblico esclama "Spacca tutto Joe! " .
Ma Bonamassa non lo fa, rimane curvo sulla sua chitarra da cui estrapola un'altra manciata di note dolci. Rimane fermo per un attimo, poi si rimette dritto in piedi e guarda davanti a sè ed è come se la diga crollasse e un'ondata di adorazione lo travolgesse. Lentamente, torna vicino l'asta del microfono si gira verso il pubblico e aspetta che gli applausi finiscano. Questo si che è "spaccare".



Intervista parte 3

- Hai un bel seguito di fans. Di devoti, direi.
Sono molto devoti e leali nei confronti della mia musica, i miei fans. Il loro interesse è aperto a tutto. A loro piace vedere che il duro lavoro ti ripaga, e sanno che io apprezzo il loro interesse.

- Come ti senti ad essere l'oggetto della devozione?
A volte la gente viene da me, dopo essersi fatti un'idea di come posso essere in base a quello che leggono, soprattutto su internet. Li vedi che ti guardano in un certo modo. E' un po' spaventoso perché sono solo un tizio con la chitarra.

- E che mi dici riguardo a quelli che stanno "dall'altra parte"  ovvero le persone a cui non piaci ?
Oh, per alcuni io sono l'Anticristo. Ho ricevuto un'email: "Hai rovinato il blues secondo me"

- E qual'è la tua reazione in quei casi?
Non so. Dico: "Mi dispiace signore. Rivuole i soldi indietro?"

- La fama accresce il tuo ego?
Ho passato la mia vita da adulto dando per scontato che nessuno sapesse chi diavolo fossi io. E il 99,9% delle volte era davvero così. Ma ogni musicista ha il suo ego. Ci sono alcuni con un buon ego e altri sono completamente fuori controllo. Ci sono alcune persone che come hanno un briciolo di notorietà iniziano a urlare : "dov'è la mia chitarra!? dov'è la mia birra!?"

- Lo fai anche tu?
Assolutamente no. Non vado fuori di testa. Qui c'è gente che mi urla contro se mi metto a spostare qualcosa "Fermati! Non è il tuo lavoro!"

- Sai anche essere un bastardo quando si lavora?
Oh si, posso essere un figlio di puttana.

- Cosa ti fa arrabbiare di più?
Le cazzate. Ho un metro molto ben preciso con quelli che provano a dirmi una cazzata quando so delle cose. Il peggior tipo di falsità è  del tipo: "Non facciamogli sapere niente". Belle o brutte che siano voglio sempre saperle le cose. Non sono stupido. E lo verrò a scoprire da solo.

- Non riesci a sopportarli gli sciocchi?
Hai 30 secondi di tempo per dire stronzate prima che dica qualcosa io. O prima di uscirtene dalla stanza. La vita è breve e l'industria musicale è un mondo pieno di idioti e di impostori. Devi imparare a passare in mezzo e filtrare le stronzate.

- Cosa diresti se incontrassi Glenn Hughes per strada?
Direi, "Glenn, mi fa piacere vederti" e sai perché? Perché sono amico di Glenn e sono anche un suo fan. Semplicemente non ero d'accordo con i modi in cui ha cercato di coinvolgermi in un tour di due anni a Shangai e nei grandi porti del mondo.

- Cosa è andato storto?
Nel 2009, quando parlavamo dei BCC, sembrava la situazione perfetta per ognuno. Si dicevano cose del tipo, e non sono parole mie, "ho del lavoro solista da fare ogni anno" oppure "ho alcuni impegni con Billy Idol". Ed io: "Beh, sono sempre in giro in tour come un'idiota, potremmo unirci e suonare, forse fare un album  e fare qualche concerto" Ne abbiamo fatto uno a Londra al John Henry, che è stata una delle più belle esperienze musicali della mia vita. E' stato grandioso. Quattro ragazzi liberi di divertirsi che fanno un rock'n'roll ispirato ai primi anni Settanta. Eravamo tutti soddisfatti all'inizio, tutti sullo stesso piano. E' stato quando abbiamo iniziato ad avere più successo che alcuni di loro avrebbero voluto spostare il gioco a livelli più alti. "Non posso". Quella situazione ha rovinato tutto. Ho fatto nove settimane durante l'estate. Quando sono tornato a casa per un po' di tempo non ho toccato più la chitarra. Ci sono rimasto male. Ma non condivido i metodi attraverso il quale tutto questo è arrivato a conclusione. Rimane lo stesso un mio amico.

- Se Glenn ti telefonasse fra cinque anni e ti dicesse : "Joe ti va di fare un concerto, può interessarti?"
Accetterei all'istante, si.

- E se ti proponesse un nuovo album dei BCC ?
Accetterei all'istante. Ma non vorrei fare concerti in Pleoria, Illinois, poi Rockford, poi St. Louis e poi 80 show in un tour degli Stati Uniti oltre ai vari festival estivi. Non è tra gli obiettivi, non lo è mai stato, mai.




martedì 2 luglio 2013

Speciale Tour De Force (2 di 4)

Da Classic Rock Magazine di Luglio 2013
Altro posto, altro concerto.
Nonostante il tono nell'articolo del giornalista che ha mandato Joe su tutte le furie, il concerto della notte precedente al Borderline è stato un vero e proprio trionfo. Gli unici imprevisti sono stati la concessione di un bis richiesto dal pubblico ( Story of a Quarryman )  e la rottura improvvisa di uno dei pedali di Anton Fig, che si è trovato costretto ad improvvisare un assolo di piatti brutto la metà di quello che sembrava. Inutile dire che il pubblico ne è andato matto, anche se onestamente Joe Bonamassa lo si applaudirebbe anche mentre si abbassa i pantaloni per fare i suoi bisogni su un fazzoletto di pizzo, dopo aver pagato 500 sterline per avere il privilegio di esserci.



Se il concerto al Borderline era un viaggio nel passato, questa notte la storia è diversa. E' stata soprannominata "la notte del Blues" ed è una definizione che mette tutti daccordo. Gli abiti eleganti sono stirati a dovere, la sezione ritmica - carmine Rojas al basso e Tel Bergman alla batteria - sono in forma, e una sezione di fiati composta da 3 elementi con il percussionista Lenny Castro sembrano essere li apposta per sottolineare l'atmosfera intensa e magica. La giornata si svolge più o meno cosi durante questi giorni: la band arriva a metà pomeriggio, i musicisti si sistemano comodamente nei loro camerini, poi si ritrovano insieme per fare all'incirca un'ora di soundcheck, dopodiché rientrano nei camerini per aspettare l'ora dello show. Prostitute e strisce non sono sul menù. In realtà non c'è affatto un menù. A questo punto vale la pena esaminare alcune cose riguardo Joe che potrebbero essere o meno già note. Andiamo a scoprire delle "curiosità".
Joe pronuncia il suo cognome "Bona-mah-ssa" anzichè "Bona-mass-a", che è più difficile di quanto sembri da ricordare, anche quando sei spesso insieme a lui per quattro giorni. Il maggior numero di chitarre che Joe ha avuto insieme (si intende nello stesso momento) è 300, ma quando anche lui si è reso conto che era probabilmente un'esagerazione è sceso a 100 chitarre , di cui circa 20 sono state scelte per accompagnarlo in tour al momento. Sembra un po' più piccolo Joe fuori dal palco (forse è il risultato della dieta, o semplicemente la forza della sua presenza scenica). Ma la curiosità più, diciamo, bizzarra è che Johnny Rotten è il suo vicino di casa. "Non parliamo molto spesso, quando lo vedo gli dico "Buongiorno John" racconta Joe "E' un tipo molto simpatico, anche sua moglie lo è. Non penso neanche  che lo sappia che io suono la chitarra o cose del genere. Lo tengo nascosto."


Non è falsa modestia quella di Joe. Quest'uomo conosce il suo posto nello "schema generale delle cose". La forza della sua anima si intravede da lontano. Ho assistito al soundcheck di tre concerti su quattro. Sono state tutte lezioni di perfezionismo, ma a volte anche di frustrazione. Guida la band attraverso l'intero set di canzoni come se tutti stessero suonando di fronte ad un pubblico vero mentre in realtà ci sono solo una manciata di roadies (a un certo punto, appena terminata un'esecuzione straordinaria del pezzo di Tom Waits "Jockey Full Of Bourbon" ho dovuto smettere di applaudire troppo per non sembrare un idiota). Questo significa anche che Joe è un vero seccatore quando le cose non vanno per il verso giusto, anche se la sua voce è calma quando si lamenta del click nel suo auricolare o di un suono insoddisfacente.  Bisogna ricordare chi è Joe: una sorta di paladino della musica blues e rock. C'è anche da aggiungere che è il capo. Carmine Rojas è con lui da più tempo di tutti, dall'album You and Me del 2005. Uno sfacciato, ma divertente uomo di Brooklyn con l'accento dell' East River, Rojas ha suonato con tutti, da David Bowie e Rod Stewart a Olivia Newton-John e Mike Patton. E' il classico tipo che sa dove sono stati fatti sparire i corpi ma che non ti direbbe mai il posto esatto, e ridendo dice "Te lo direi, ma non è roba adatta a giornali per famiglie come il tuo". Rojas parla delle analogie e dei parallelismi che ci sono tra David Bowie e Joe Bonamassa, anche se non sembra. "Sono in primo piano rispetto agli altri, ti lasciano la libertà di fare quello che vuoi, ma allo stesso tempo sanno benissimo cosa vogliono da te. David è un perfezionista. Joe è un perfezionista. Mondi diversi, ma stessa mentalità." Più tardi durante lo show , con sei musicisti che lo seguono, è evidente più che mai che Bonamassa è il fulcro intorno al quale tutto ruota. A onor del vero , lo show del Borderline è stato quello "più debole". Sulla dedizione al blues di Joe non si discute, ed è proprio quella dedizione forse che lo ha portato a non aprire fino in fondo e subito tutto il gas. Ma è solo una mia opinione. Per le altre 2499 persone che sono qui, va benissimo cosi.




Intervista parte 2

- Cosa provi ad esprimere attraverso la tua musica?
Dico sempre che il blues è un' emozione interiore, che provi a trasmettere alla gente. Vieni all' Hammersmith Apollo o in qualsiasi altro posto perché è un modo di evadere. Non facciamo politica qui, non ci occupiamo di attualità. Si viene qui per due ore e un quarto, per mettere da parte i problemi e godersi la musica. Non ci prendiamo troppo sul serio.

Non mostri molto di te stesso attraverso i testi. Perchè?
Gli autori di testi migliori rivelano parte di loro stessi per mezzo delle canzoni. Sono abbastanza timido io nel farlo. In alcune canzoni che ho scritto l'ho fatto involontariamente.

- Qual'è la tua canzone più autobiografica? Disclocated Boy forse?
Certo, è una di quelle. Ho scritto una canzone, Ordinary Son, che è nel secondo album dei Black Country Communion, ha a che fare con mio padre. E' andata che Kevin mi ha detto "hai il testo completo, non è vero? Ti va di venire e di cantarmela?" Ho detto: "ehm, si, nessun problema, sarò da te nel giro di un'ora. E scrissi le parole. Furono quel tipo di parole che vengono inconsciamente, le uniche che poi tengo come definitive.

Sei un autore prolifico?
Non sono prolifico. Una volta ogni tanto mi imbatto in qualcosa che funziona, e da li è un attimo. Devo prima scrivere un po' di canzoni brutte. Kevin Shirley ve lo può dire quante canzoni brutte ho scritto.

- E' per questo che sui tuoi dischi ci sono molte cover invece degli inediti?
Sai, sono molto old school. Prendi per esempio Truth o Beck-ola di Jeff Beck: ci sono cover blues, cover di Elvis, parti solistiche di piano di Nicky Hopkins. O i Led Zeppelin, hanno fatto molti classici del blues. Non sono egocentrico. Preferisco avere un album che sia pieno di canzoni godibili che la gente apprezzi dicendo: "fantastico, mi piace" invece che un album in cui prevale l'egoismo di dover a tutti i costi dire "l'ho fatto tutto da solo, senza nessun aiuto, tra le foreste in Brasile, con un registratore portatile."

Ma la gente non vuole forse materiale originale al giorno d'oggi ?
E' come se fosse una nota a margine, la gente non bada tanto a quella, perché deve piacere la musica come prima cosa. Se l'hai scritta te, bene...se è una cover e suona alla grande, bene lo stesso.

- C'è stato un gran parlare del fatto che i Face avessero in mente di riformare la band l'anno scorso, dicono che per sostituire il chitarrista Paul Kossoff abbiano pensato proprio a te. Sapevi di questa cosa?
Sono stati tirati in ballo diversi nomi per questa cosa. Non so nemmeno se sia vero che fossi tra questi.

- Cosa faresti se Paul Rodgers ti chiamasse domani mattina dicendoti "stiamo cercando un chitarrista" ?
I Free erano una rock band perfetta. Ma sarebbe  per me la stessa cosa come quando Paul si unì ai Queen. Quando venni a sapere di Paul con i Queen, è stata la cosa più bella del mondo per me. Il mio cantante preferito con una band che fa parte della mia musica preferita. Penso che Paul abbia ricevuto critiche infondate per il fatto che potesse esserci un solo Freddy Mercury. Perché c'è anche un solo Paul Rodgers, come c'è un solo Paul Kossoff. So per certo che semmai dovessi fare una cosa del genere, il mio lavoro non verrebbe apprezzato in partenza. Farei prima a disegnarmi un bersaglio sulla schiena.

- La prenderesti in considerazione la proposta, dunque?
La terrei in considerazione, nessuno sano di mente rifiuterebbe un'offerta del genere. La cosa più bella di quei ragazzi è che sono ancora in splendida forma. Non credo che le operazioni per la reunion dei Free siano già state avviate, ma sicuramente è una cosa che prima o poi accadrà.



lunedì 1 luglio 2013

Speciale Tour De Force (1 di 4)

Da Classic Rock Magazine di Luglio 2013
"Sei una fottuta testa di cazzo. Non sai quello che dici".
In un anonimo camerino all'interno dello Shepherd's Bush Empire di Londra, Joe Bonamassa è una furia scatenata. Seduto su un divano di pelle, con la chitarra appoggiata sulle sue gambe, questo mite e solitamente educato 35enne si sfoga senza mezzi termini.
Le persone presenti nella stanza - l'addetto alle publiche relazioni di Joe, il suo tour manager, il fotografo e me - non si aspettavano certamente di assistere a questa scena. Bonamassa è del tutto indifferente al fatto che ci sia un uomo con un registratore portatile all'interno del suo "raggio d'azione".
"Se non capisci quello che stiamo cercando di fare non puoi sputtanare il concetto, perchè non sai cosa significa" continua arrabbiato senza sosta. Il destinatario della sua ira è un giornalista che ha recensito lo show al Borderline di Londra meno di 24 ore prima. Il giornalista aveva l'impressione che lo show al Borderline fosse solo il primo di 4 normali show che il chitarrista avrebbe suonato nelle successive 5 notti, e che la scaletta della serata dovesse essere solo "leggermente ritoccata" in vista della serata finale alla Royal Albert Hall. Proprio questo, e non il tono sprezzante della recensione, genera il disappunto di Joe. Anziché essere "solo" un altro show, quello al Borderline rappresenta l'avanspettacolo di un altro evento più grande: quello che vedrà Bonamassa impegnato in 4 diversi concerti nel corso delle 5 notti successive, ognuna delle quali con una differente set-list e con differenti musicisti, il tutto registrato e filmato per essere pubblicato più avanti nel corso dell'anno.
Il pubblicista fa l'errore fatale di provare a calmare Joe. "Devi far venire questa gente ai concerti se vuoi diffondere la voce oltre il giro del rock e del blues" prova a suggerire. Errore. E' come tirare un grosso barile di petrolio su un falò. Ora, l'uomo che il suo manager chiama Smokin' Joe è davvero in fiamme. "Non mi importa - urla - avrebbero potuto dargli anche una stella a quella recensione. Ma se uno non riesce a capire quello che sta guardando e non sa fare bene il suo compito, allora si che importa".
Un insolito sfogo per un uomo che si è sempre tenuto lontano da certi atteggiamenti "cool" in ambito rock e blues. Ma anche nelle scalate al successo di chi trova la strada da solo e con le proprie forze ci sono delle tensioni, e dopo meno di due giorni all'interno di questa stravagante giostra musicale i livelli di stress sono saliti alle stelle. Saranno lunghe giornate per tutti.



Ancora non ci sono questi pensieri nella mente di Joe, 24 ore prima. E' in piedi sul palco con la chitarra tra le sue mani, mentre prova a ignorare quel piccolo esercito di persone di fronte a lui. Lui e la band che lo accompagna durante questa serata - il bassista americano Michael Rhodes e il batterista Anton Fig del Sudafrica, eccezionali musicisti entrambi - sono impegnati nel soundcheck ad eseguire un paio di pezzi tratti dai primi album di Joe. Quando l'ultimo accordo rimbalza sul muro del locale in cui si trovano, Bonamassa suggerisce "torniamo in hotel e facciamoci 3-4 grammi" mimando l'atto di sniffare una lunga striscia di cocaina, in maniera un po' esagerata come solo un uomo che non ha mai preso cocaina può fare.
(Bonamassa ha una dipendenza da Coca,  che lo porta a consumare anche 12 bottiglie della famosa bevanda frizzante, ogni giorno).
La gag nasconde una profonda preoccupazione. Bonamassa descrive la sua impresa di Londra come "il più grande cambiamento della mia carriera". Questa è l'affermazione di un uomo che , da quando la sua carriera ha preso il decollo sei o sette anni prima, ha pubblicato 20 album differenti senza nessun calo di qualità.
Il piano è semplice: una rincorsa di 4 concerti in cui si ripercorre la sua intera carriera, dal blues puro all'hard rock, dai suoi esordi fino al presente. I concerti si terranno in ordine di grandezza: 300 posti il Borderline, 2500 lo Shepherd's Bush Empire, 4000 posti all'Hammersmith Apollo e 5000 alla Royal Albert Hall. E' una sorta di retrospettiva della sua carriera e un bel giro della vittoria. Ma quanto detto non tiene conto dell'aspetto pratico della situazione. Joe ha dovuto imparare 46 brani differenti, inclusi alcuni che non suonava da anni (alcuni raddoppiati, portando cosi il numero di canzoni a 62). Dividerà il palco con un totale di 17 musicisti.
"Sono 4 notti, 5 set differenti, e l'unico comune denominatore sono io" dice non appena troviamo il modo di rubargli qualche minuto. "Devo cantare ogni canzone e ricordarmi tutte le parole. E il mio disco rigido a breve termine, cioè la mia memoria, è fottuta".


Il Bonamassa che si incontra giù dal palco è un Bonamassa molto diverso da quello che appare lassù, mentre suona. Laddove quest'ultimo è un'intenso e imperturbabile tipo ben vestito in uniforme blues, in "borghese" Joe si rivela un concentrato di energia a malapena contenuto in una camicia grigia e sbiadita. Un po' teso ma loquace, come un personaggio di un film di Woody Allen, i suoi occhi si muovono sondando costantemente la stanza intorno mentre risponde ad ogni domanda con un fiume di parole, il che è divertente, strano, e tenergli il passo non è facile. Se mai gli scienziati decidessero di trapiantare una chitarra su un corpo umano, qui troverebbero sicuramente una cavia: un preoccupante incallito della sei corde, che utilizza un linguaggio pieno di figure varie e letteralmente rinasce di fronte a qualsiasi strumento musicale gli capiti tra le mani.
Ma non tutto è come sembra per Joe Bonamassa. Quando cala il sipario alle spalle di Joe c'è una bene oliata macchina da business. Il capo architetto dell'aspetto lucrativo è Roy Weisman, un terzo del Team Bonamassa, con il produttore/direttore musicale Kevin Shirley e il chitarrista stesso. "Guardo ogni spettacolo in mezzo agli altri fans, dice Weisman, che scoprì Bonamassa quando era un prodigioso chitarrista di 15 anni. "Sto là fuori e vedo come reagisce il publico. E' una vittoria o una sconfitta? Ma colleziona sempre vittorie".
Weisman è un uomo amichevole sulla quarantina, con una voce quasi smielata tanto che anche la più sconcertante proposta di business suonerebbe come la più bella idea del mondo. Suo padre lavorò con Frank Sinatra ed è chiaro che abbia ereditato l'abilità per gli affari della Weisman Sr . E' stato lui comunque ad aver fissato il prezzo di questa sera ed è lui che sta tenendo l'ombrello aperto per la tempesta che ne è venuta fuori.

I biglietti per il concerto di questa sera costano 500 sterline, valore nominale. Con 200 spettatori ( un limite imposto da Weisman per il comfort del pubblico ) potete fare facilmente il conto. Per gli altri 3 concerti il prezzo va dalle 50 sterline dello Shepherd's Bush Empire alle 1500 sterline per il "pacchetto VIP" che comprende l'entrata a tutti e 4 i concerti, più altri vantaggi. Niente di questo ha placato le lamentele crescenti da parte del fan club; secondo molti infatti Bonamassa sarebbe diventato troppo attaccato ai soldi, soprattutto con i tempi che corrono.
"In qualità di persona responsabile della parte economica, non sto facendo niente di nuovo" dice Weisman. "I Rolling Stones, Madonna, chiunque, tutti hanno fatto questo tipo di cose. Stiamo seguendo l'esempio. Joe ed io abbiamo sempre reinvestito nella qualità dei posti in cui ambientare i concerti. Vogliamo che i nostri "clienti" vengano ai concerti e che siano nel posto migliore, con il suono migliore e le luci migliori. Mi sentivo di farlo, loro sono disposti a pagare il prezzo del biglietto. Ovviamente questo esclude un po' di gente, ma la maggioranza - 98,99 per cento - sono felici di avere questa opportunità." Lo show di stasera si presenta come un concerto per i fans della prima ora, quelli che iniziarono a seguire Joe quando era sulla griglia di partenza della sua carriera, quelli che magari lo hanno già visto in questo stesso posto nel 2005. Con le tue 500 sterline compri 2 ore e 15 minuti in cui Bonamassa pesca dalle profondità del suo passato. Se vogliamo analizzare dal punto di vista economico il concerto costa 38 sterline e 46 centesimi per canzone. Ma la cosa fondamentale è che alla gente che è qui non importa il prezzo. E' il fatto di assistere a qualcosa a cui molti di loro non hanno mai assistito, e a cui probabilmente nessuno assisterà più: Joe Bonamassa in un piccolo posto. Tutti sono daccordo qui che, per citare lo spot di una carta di credito, ci sono cose che non hanno prezzo.




Intervista parte 1

- Di chi è stata tutta questa idea?
Eravamo a Montreux lo scorso anno, era il primo show del tour acustico, e fu Kevin Shirley a proporlo. Lui ama progettare le cose in anticipo. Abbiamo deciso per questi 4 show e a un certo punto mi dice : "Senti questa: esploriamo strade diverse, differenti momenti della tua carriera, dal primo giorno fino ad arrivare ad oggi, in serate differenti." Allora io aggiunsi : "Facciamolo con 4 differenti band " Se avessi avuto un po' più di buonsenso avrei detto : "farò UNO show"

- Cosa provi a tornare agli inizi della tua carriera per il concerto al Borderline di stasera ?
Siamo tornati a sfogliare e guardare le vecchie setlist degli show,  poi ho iniziato a cercarli guardando tutti questi vecchi video su YouTube. E pensavo "Wow, pazzesco". Abbiamo fatto cose che avevano poco senso musicale. Abbiamo suonato per due ore di fila e avevamo solo 8 o 9 canzoni. Ogni canzone era una Stairway to Heaven. E' molto più difficile farlo a 35 anni rispetto a quando ne avevi 25.

- Ti ricordi il tuo primo tour del Regno Unito?
Si. Autunno 2004. Durante il viaggio prendemmo la nave da Calais a Dover, alle 2 e 30 del mattino. Il fatto è che volevo andare in Inghilterra, da sempre. E' come il Delta per me. La storia della musica che ascoltavo crescendo è tutta qui. Ma Londra non era come mi aspettavo. Mi aspettavo di venire e trovare una scena, come la Londra del 1968. Ma ero fuori strada.

- Dove avvenne il tuo primo concerto in Inghilterra?
Mr Kyps a Poole. Amo Mr Kyps, sarò sempre leale con Kyps. Ma non fargli mai lavare gli asciugamani mentre sei sul palco.

- Perchè ?
Perchè l'asciugatrice e la band, insieme, non vanno bene per la corrente. Assicurati che l'asciugatrice sia spenta.

- Ne hai pagato le conseguenze. Ma c'è stato un momento in cui ti sei detto "Cazzo, ma ne varrà la pena?"
Si, molte volte. C'erano volte in cui dicevo, "Fanculo basta, non voglio più avere a che fare con queste merdate". Non c'è niente di peggio del guidare tutto il giorno, arrivare in hotel, scoprire che la tua camera è al quinto piano e non c'è l'ascensore, quindi devi portare tutti i tuoi bagagli su e giù per le scale. Poi arrivi alla fine del tour e ti accorgi che hai guadagnato 500 dollari oppure che hai perso tremila dollari per la tua grande avventura, e devi venderti la chitarra.

- Ma sei uno che lavora sodo. Anche per questi 4 concerti stai lavorando duramente. Non ti senti mai come se fossi un criceto e la tua ruota stesse girando troppo velocemente?
La gente dice "oh mio Dio, lavori cosi tanto." Si, questa settimana sto lavorando davvero tanto. Ed è dura. Più mentalmente che fisicamente. Ma sai cosa ho fatto oggi oltre alla manutenzione ordinaria delle mie chitarre? Niente. Ho preso questa in mano [afferra una chitarra]. Non è cosi difficile. Ogni giorno che mi alzo penso: "Sono fortunato. Ci abbiamo provato, lo abbiamo fatto, e l'abbiamo fatto con le nostre regole. Nessuno ci ha detto cosa fare o come farlo. Giusto o sbagliato o qualsiasi altra cosa, eccoci qui."

- Hai paura che possa scomparire tutto un domani?
No. So benissimo che il music business dà e il music business leva. Ma amo suonare la chitarra. Questo mi fa stare bene.

- Non hai mai messo la chitarra giù, come mai?
E' una cosa istintiva. (da una forte strimpellata) E' probabilmente una reazione nervosa.

- Parli mai con le tue chitarre?
Solo quando hanno qualche problema

- Cosa ti aspetti per quando avrai superato questi 4 concerti ?
Ascolta. Sono stato molto prudente con il mangiare perché voglio indossare il vestito che indossavo la prima volta che ho suonato alla Albert Hall. Me lo sono provato ed era stretto, quindi ho dovuto mettermi a dieta per un mese. Ma sai, il mio cibo londinese preferito sono gli scones con la panna e la marmellata di fragole. Quando sarà finito il concerto alla Albert Hall, ecco cosa ci sarà nel mio camerino!!!