mercoledì 13 novembre 2013

Il Dio della chitarra ed una carriera costruita partendo dal blues

THE DAILY TIMES
Se vuoi che una cosa funzioni, fattela da solo: cosi recita un vecchio detto. 
Joe Bonamassa segue alla lettera questa filosofia. Ed è anche questa la ragione che lo ha spinto, per il suo ultimo tour che la scorsa settimana lo ha portato nell' East Tennessee, ad aprire lui stesso i suoi concerti.
Non perchè non riuscisse a trovare una band adeguata che aprisse i suoi concerti blues-rock. Joe vuole semplicemente regalare al pubblico due distinti lati musicali della sua personalità, come ha raccontato al The Daily Times di recente.

"Suoniamo per 45 minuti con il set acustico, poi facciamo una pausa di 15 minuti ed infine torniamo sul palco per 75 minuti con il set elettrico" dice. "Un anno e mezzo fa ho fatto una cosa simile, e si è rivelata essere una delle cose più belle e più di successo che abbiamo mai fatto, e così abbiamo deciso questo autunno, dal momento che facciamo questo genere di cose all'estero, di portare questo tipo di  spettacolo anche in  America. Penso che sarà davvero divertente, ed è qualcosa che non è mai stato fatto, almeno nell'ambito di questo genere."
Bonamassa ha sempre voluto oltrepassare i limiti musicali, sin da quando ha preso in mano la chitarra per la prima volta, probabilmente nello stesso periodo in cui riusciva a tener su la sua testa di neonato. E' letteralmente cresciuto con la musica; i suoi genitori hanno aperto un negozio di chitarre che gestiscono tutt'ora, così sin dall'età di sette anni, Bonamassa suonava le canzoni di Stevie Ray Vaughan e Jimi Hendrix, riproducendole perfettamente nota per nota. Ha aperto il concerto di B.B.King quando aveva 12 anni e ha fondato la band Bloodline nei primi anni novanta.
Ha iniziato la sua carriera da solista nel 2000, e sin dal suo secondo disco "So it's like that" (2002) è sempre presente nei primi posti della classifica blues di Billboard e continuerà ad esserci ad ogni suo nuovo album. La fusione tra elementi rock e il blues tradizionale, che è il suo genere preferito grazie anche a chitarristi inglesi come Jeff Beck, Jimmy Page e Eric Clapton, lo ha reso sin da subito degno di ammirazione, anche se c'è sempre qualcuno che guarda dall'alto verso il basso quello che fa.

"Quando fai bene quello che fai, diventi  una specie di bersaglio" dice. "Ero sull'aereo per tornare a casa da Warsaw (usa), due giorni fa, e leggevo un articolo in cui dicevano, per ben metà della pagina, che le mie influenze musicali erano semplicemente di basso livello. Beh, ho suonato in una blues band, in una acustica, ho suonato in una band hard rock, da solista e in una specie di Herbie Hancock funk band. Se queste sono cose di basso livello, non so che cos'altro fare!
Forse Country o Western? Devo suonare la polka ungherese? Il fatto è che io amo quello che faccio, e non penso che questo confonda le persone. Le persone che comprano sempre i miei dischi sanno perfettamente che sono eclettici."
Bonamassa è il tipo di artista che affronta qualsiasi progetto abbia i requisiti minimi per portarlo avanti; se ci sarà da divertirsi ed è una sfida, è fatta. Ecco perchè è sempre super impegnato, come indica la sua agenda: sta per far uscire quattro DVD di alcuni concerti tenuti a Londra la scorsa primavera, un altro DVD di un concerto con il suo gruppo funk (Rock Candy Funk Party) registrato a New York, e sta preparandosi per iniziare a lavorare al suo album solista, che sarà registrato all'inizio del prossimo anno,  nello studio di  Nashville.


Joe descrive il suo modo di lavorare come una "iperattività musicale" e i suoi fans, incantati dal suo virtuosismo e dalla sua musicalità, non rimangono mai a bocca asciutta. E a che punto è professionalmente?  Al crocevia di generi diversi, dimostrando un incredibile padronanza nel suonarli ed un'abilità con la chitarra elettrica che lo rende uno dei migliori chitarristi al mondo.
"Penso di essere bravo a far resuscitare generi di nicchia che erano finiti un pò nell'oblio" dice Bonamassa. "Niente di quello che faccio è originale; è una specie di eredità musicale, le canzoni che suoniamo provengono dalle canzoni che c'erano prima che nascessi. Noi suoniamo per il pubblico un pò più adulto; non ci sono trucchi, non ci sono traccie elaborate con i Pro Tools durante i concerti. E' un'esibizione live nel vero senso della parola, e penso che sia lì che noi prendiamo poi la maggior parte delle nostre idee.
Quando usi il blues come una base, è incredibile quanto puoi espanderti e accorpare diverse influenze musicali che molti puristi sostengono non abbiano niente a che fare col blues, ma nella mia contorta visione delle cose suonano bene, come ad esempio aggiungere un'atmosfera alla Herbie Hancock ad un blues puro e semplice. Possono sembrare diversi, ma il loro DNA è lo stesso"

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