sabato 29 giugno 2013

Recensioni: Rolling Stone, The Indipendent e AllMusic su Driving Towards The Daylight

Driving Towards The Daylight, pubblicato il 22 Maggio 2012 è l'undicesimo album in studio di Joe Bonamassa. Registrato tra Los Angeles, Las Vegas e Malibù debutta al primo posto della classifica degli album blues più venduti degli Stati Uniti.


Rolling Stone : 3 stelle su 5
Il Blues Rock non è  un genere stile twitter - decenni dopo i  chitarristi inglesi tirano fuori i reclami americani come  costosti oggetti da esposizione, è ancora meglio quando si pronunciano i professionisti. Un paio di tracce sul 13esimo LP di Bonamassa accennano a  Howlin 'Wolf e Robert Johnson. Ma eccelle sui pezzi più lunghi, come la canzone del titolo, dove il suo canto esigente si fonde con l'ardente gioco sinfonico.



The Indipendent 3 stelle su 5
Vecchio stile blues-rock, come quello suonato da individui dai capelli lisci verso la fine del 1970, con un pò del virtuosismo dei Led Zeppelin, ma una parte di fantasia.
Bonamassa è un chitarrista esperto, che riempie egregiamente il vuoto lasciato da Gary Moore nel mondo. Ha messo insieme un pregevole cast di musicisti che comprende Tom Waits, Willie Dixon, Howlin 'Wolf, Bill Withers e Robert Johnson. Ad alta voce, basta chiedere.




All Music : 3,5 stelle su 5
Non sarà mai il nuovo Stevie Ray Vaughan , ma sulla carta il chitarrista blues-rock Joe Bonamassa potrebbe in qualche modo sembrare il nuovo Gary Moore, Come il chitarrista inglese infatti, Bonamassa è influenzato dai chitarristi blues e rock inglesi molto più che da quelli americani da cui vengono presi in prestito vari licks. E' anche molto prolifico; questo è il tredicesimo album in dodici anni e stiamo tra l'altro escludendo le collaborazioni con i  Black Country Communion e Beth Hart, i DVD frutto della sua estenuante attività live che lo vede impegnato in più di 200 shows all'anno, concerti carichi di energia e ottime performances.
E' stancante solo a pensarci. Bonamassa non è solo un autore di canzoni, infatti ha scritto solo quattro degli undici brani, con qualche relativamente oscura cover di blues come Who's Been Talkin di Howlin Wolf, I Got All You Need di Willie Dixon e Stones in My Passway di Robert Johnson. Tra le altre cover troviamo inoltre Lonely Town/Lonely Street di Bill Withers, New Coat of Paint di Tom Waits. Che sia un bene o un male, una volta passate attraverso il filtro della sensibiltà rock del chitarrista , le canzoni suonano davvero come brani di Joe Bonamassa , adornate da assoli siano essi al servizio della canzone o meno. Dopo aver accantonato la rodata band "da strada", Joe fa entrare in gioco altri musicisti come Brad Whitford degli Aerosmith , Anton Fig batterista di David Letterman, e il tastierista Arlen Schierbaum, il cui piano e organo aggiungono quel tocco r&b di cui necessita l'hard rock d'impatto. Bonamassa cede il posto di cantante all'australiano Jimmy Barnes, che esegue la sua Too Much Ain't Enough Love in modo eccellente, sembra quasi che stia facendo un'audizione per gli Ac/Dc. Kevin Shirley, produttore di Joe da ormai lungo tempo, riesce a tirare fuori un suono brillante e professionale. Se qui si cucina, gli ingredienti sono buoni, come nel caso di Dislocated Boy scritta da Joe, o nel caso della cover di Wolf (che include un sample con parte parlata del legendario bluesman), gli arrangiamenti e gli intrecci di chitarre vanno insieme come il whisky e la soda. Quello che a Bonamassa manca nel cantato e nel suono distintivo, lo recupera con la determinazione , che basta a portare l'album da abbastanza buono ad abbastanza grandioso, specialmente nello slow blues "A Place In My Heart" che esplode dalle casse dello stereo in un modo che Gary Moore forse apprezzerebbe. In poche parole, questo disco è una garanzia se già conoscete l'approccio del "dare il massimo" che tanto piace a Bonamassa, e che non sembra di voler ancora abbandonare.








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