giovedì 4 luglio 2013

Speciale Tour De Force (4 di 4)

Da Classic Rock Magazine di Luglio 2013
Pochi posti sono unici come la Royal Albert Hall. Non in termini di grandezza, ci sono arene in questa nazione che possono contenere molte più persone. Ma in termini di pura grandiosità, non c'è posto che tenga. Stare al centro è come trovarsi nel mezzo di una vasta e magica scatola per torte. E' certamente una location prestigiosa, e lo spettacolo di Bonamassa stasera è il coronamento dell'avventura inglese. Anche se non si direbbe guardando i corridoi vuoti del backstage. La stella della serata non si fa vedere, presumibilmente ora è chiuso nel suo camerino a cercare di darsi una calmata. Carmine Rojas, Tal Bergman e il percussionista Lenny Castro si rilassano un po' dentro e un po' fuori dai rispettivi camerini, come fanno altri tre strumentisti (che suonano mandolini, nickelharpa, percussioni latine e tastiere) che stasera saliranno sul palco per accompagnare Joe nel set acustico di otto canzoni che farà da apertura al concerto.



Un'altra figura che si muove qui intorno, e che lo fa da un paio di giorni è Kevin Shirley. Di poche parole, ma amichevole. Nato in Sudafrica, Shirley è il produttore e il direttore musicale del tour di Bonamassa. Come spiega lui stesso: "Mi occupo di un sacco di aspetti che riguardano lo show: i tempi delle canzoni e gli arrangiamenti. Io mi assicuro che lo show possa rendere al meglio, cosa che Joe fa già di suo, in maniera molto naturale, ma se posso, provo anche a migliorarlo."
Shirley è affianco a Bonamassa dall'album You and Me del 2006. Ha aiutato il chitarrista a focalizzare meglio non solo la propria musica, ma anche l'immagine e l'estetica (inoltre fu Shirley a mettere insieme la band Black Country Communion, salvo poi assistere impotente al suo disfacimento). Il produttore è la mente di queste 4 serate. Sapeva che non sarebbe stato facile, ma confidava nei suoi mezzi e nelle sue capacità. "Il fatto è che Joe non si tirerà mai indietro di fronte ad una sfida" dice Shirley. "Sapevo che ce l'avrebbe fatta perché sapevo che poteva, questo è il suo lavoro, è un musicista, questo è quello di cui si occupa." Come Roy Weisman, Shirley sa che una grande parte dei fans di Joe sono scontenti per via dei prezzi dei biglietti. Ma non c'è modo di pensare che Joe sia più un businessman che un bluesman. "Ascolta - dice con decisione - tutto questo è una grossa produzione. Richiede un sacco di soldi per essere portata sulla strada. Dovevamo prendere una decisione, semplicemente. Se avessimo messo in piedi uno show qualunque sarebbe stato differente. Tu sei stato qui tutta la settimana. Hai mai visto qualcuno lamentarsi?" Questo è un punto interessante, e la prova del nove sarà la risposta del pubblico di stasera. All'apice della favola delle quattro serate, il concerto di stasera ricopre tutti gli aspetti musicali della carriera di Joe: il fatto che non ci sia un  appellativo come "notte del blues" o "notte del rock" dice tutto. Abbiamo versioni acustiche di Jelly Roll (John Martyn), Seagull (Bad Company), Jockey Full Of Bourbon (Tom Waits) e Athens to Athens (Bonamassa). Pezzi elettrici come Slow Train, Driving Towards The Daylight e The Ballad Of John Henry. Sembra una grande festa perché è cosi che deve essere.


Quando abbandona il palco dopo una trionfante esecuzione di Sloe Gin, seguita da Just Got Paid, sembra un morto che cammina. La faccia sudata, i capelli scompigliati. Anche il suo vestito sembra stanco. Ma è pur vero che ha suonato 62 canzoni con 12 diversi musicisti. Chi pensa che Joe sia la nuova finta rockstar o l'Anticristo del blues, qui ha il modo di schiarirsi le idee.


Intervista parte 4

- Ti senti ancora un artista di nicchia?
Oh, si.

- E' un ambiente piacevole?
Credo di si. Sono un artista underground, ed è bello. Ed è facile vivere in una bolla. E' facile mettersi a pensare: "Wow, stiamo facendo le cose davvero in grande". Ed è davvero grande. Ma non quanto i Foo Fighters a Wembley, o 24 notti alla O2 Arena, come ha fatto Prince. Siamo ancora una band di media statura che si sta avvicinando.

- Ti dà fastidio il fatto di non avere tanta attenzione da parte dei media?
Devo aver offeso qualcuno di quelli del Rolling Stone. E' come se fosse in corso una campagna di esclusione. Ho pubblicato 12 o 13 album, l'ultimo è stato l'unico che hanno recensito. Gli hanno dato 3 stelle. Forse non era abbastanza alla moda, non c'era nessuna melodia punk-rock purtroppo. Ma il tipo di stampa giornalistica che preferisco è quando la gente viene al concerto e dice "questo concerto è stato grandioso" e vanno a dirlo ad altre persone.

- Pagheresti 1500 sterline per vedere quattro concerti?
(strimpella sulla chitarra per 10 secondi) Ogni giorno della mia vita trovo uno che dice "Seicento dollari per il tuo biglietto? Sei un idiota, Bonamassa". Sai, ti dico una cosa, l'idea iniziale era di far pagare dodici sterline e mezzo il concerto al Borderline. Questi biglietti sarebbero stati comprati da altre persone che li avrebbero rivenduti ai concerti o sul mercato nero dei biglietti al prezzo di seicento sterline. Un ragazzo mi ha scritto due settimane fa "Ho comprato i biglietti per la Royal Albert Hall su questo sito internet, quattro biglietti trecento sterline". Sai cosa è successo? Non ha ricevuto nessun biglietto perché è venuto fuori che il sito era una truffa. Cosi mi sono informato per vedere se il ragazzo dicesse la verità. Era stato onesto e sai come è finita? Gli ho dato sei biglietti gratis.

- Ma non hai risposto alla mia domanda. Pagheresti 1500 sterline per vedere 4 concerti?
Ok, torniamo alla tua domanda. Cosa abbiamo offerto alle persone che hanno acquistato il pacchetto vip? Non solo hanno acquistato l'accesso a tutti e quattro i concerti, ma hanno ricevuto un poster originale firmato a mano e la possibilità di camminare all'interno della Royal Albert Hall...si ok, sono un sacco di soldi. Ma è una cosa onesta. E' meglio che vendere l'incontro con un fan, o una foto con lui, oppure vendere biglietti per assistere al soundcheck, tutte cose che altri artisti fanno solitamente. Per tutto ci vogliono i soldi. L'elettricità che serve a scaldare il posto, si paga. Costa molto anche. Ma una stretta di mano dovrebbe restare gratis.

Cosa diresti a chi ti accusa di essere tanto "businessman" quanto musicista?
Bisogna esserlo. Bisogna esserlo. Non puoi solo suonare. E' sopravvivenza. Nessun musicista può dire che non vuole suonare davanti a più gente possibile. Nessun musicista può dire di non volere una luce più grande o dei monitor migliori, o la birra più buona. Tutto questo sfortunatamente ha un prezzo. La differenza tra il 2005 ed ora è che viene molta più gente. L'idea è la stessa, l'esperto di business è lo stesso, la voglia è la stessa, sia da parte mia che del mio manager Roy che ha progettato tutto questo. E' percepito come più grande, ma il concetto di base non è mai cambiato.

Quindi sei un businessman tanto quanto sei un musicista?
A volte ci penso basandomi sul nostro hotel. L'hotel in cui siamo adesso a Londra, l'intero hotel, è occupato da noi. Ognuno è qui per qualcosa che sa fare. Cantante, chitarrista, intrattenitore - mi occupo più di questo che del business. Ma si, siamo probabilmente al 50 per cento adesso.

Vuoi essere considerato come uno dei "grandi" della musica?
Sai, dicono parole come "legenda". Non fa per me. Voglio dire succede spesso. Non credo che la maggior parte della gente che suona la chitarra vive per diventare una legenda. BB King, Eric Clapton, Jimmy Page, Mark Knopfler, David Gilmour...la lista è molto corta. Loro hanno fatto dei dischi che sono incredibili; io ho scritto The Ballad Of John Henry. Non siamo proprio alla stessa altezza, ovvio no?

- Sei abbastanza modesto?
Ci sono un sacco di musicisti che hanno questa voglia sfrenata di salire il Monte Rushmore. "Hey, sono il cantante e voglio salire lassù in cima, accanto a Robert Plant e Freddie Mercury e Otis Redding ed altri ancora." Ma non so alla fine a cosa ti porta questo, oltre ad ottenere il tavolo migliore al Rainbow di Los Angeles.

- Quindi cosa vuoi da tutto questo?
Sarei contento se alla fine si dicesse: "ha fatto tutto quello che diceva di voler fare, ha fatto il meglio che poteva, con le migliori intenzioni". Questo mi basta. "Suonava la chitarra e cantava qualche canzone".

- Del tipo "Tirava a campare".
Si, tirava a campare (ride)


Finale
Ho capito molto di Joe Bonamassa in questi quattro giorni. L'ultima volta che l'ho visto era nel camerino. Un'ora dopo la fine del concerto. Diverse bottiglie di Coca-Cola sono appoggiate sul tavolo di fronte a lui, vicino ad un vassoio di scones con panna e marmellata di fragole. Sembra esausto, come un uomo che ha dato tutto quello che aveva da dare fino all'ultimo. Quella recensione negativa dell'inizio è ormai lontana. "Salve gente, grazie per essere venuti ed aver dedicato il vostro tempo a tutto questo". Questo appare abbastanza strano visto che è proprio lui quello che ha svolto il lavoro più difficile. Gli chiedo cosa ne pensa. "Beh sai, c'è sempre qualche problema tecnico durante uno show, cose strane che possono succedere. Ma è venuto fuori come avremmo voluto noi. Abbiamo fatto quello che dicevamo di dover fare. E' stato possibile grazie al pubblico, è merito loro".

(articolo originale WORDS: Dave Everley PORTRAITS: Ross Halfin per CLASSIC ROCK MAGAZINE LUGLIO 2013)








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