sabato 24 settembre 2016

BCC iniziano a lavorare al quarto disco

I Black Country Communion hanno iniziato a lavorare al loro quarto disco, come annunciato da Glenn Hughes attraverso il suo account Twitter. Le prime sessioni all'interno della sua casa di Los Angeles. 
Ecco alcune recenti dichiarazioni rilasciate alla stampa danese e americana rilasciate da Hughes. 



"Lo scorso Febbraio ho fatto un'intervista con con Gary Graff di Billboard Magazine. Gary mi ha fatto delle domande relative all'introduzione dei Deep Purple nella Rock and Roll Hall of Fame. Gli ho detto che probabilmente non avrei suonato più in nessuna band dopo i Black Country Communion, perchè i 3 dischi che abbiamo fatto sono stati troppo importanti, la band è eccezionale, ogni componente della band lo è. Ho detto proprio che i BCC sarebbero stati l'ultimo gruppo in cui avrei suonato. Tre settimane dopo, la sera, ricevo una inaspettata telefonata da Joe Bonamassa. La gente crede ci sia qualche problema tra noi, ma siamo amici e lo siamo sempre stati. Joe mi dice "Ehy, non pensi sia ora di fare un altro grande album?" Gli ho risposto "Certo che lo penso. E lo sai che questa è l'unica band in cui voglio suonare?!" e ci siamo messi a ridere. Sono un grande fan di Joe, come musicista e come persona, adoro i suoi fans. La gente su internet per un po' ha pensato che fossimo in guerra, ma non è mai stato così, siamo una famiglia. Ora faremo questa nuova cosa un passo alla volta, prima l'album, poi qualche show. Vedremo cosa accadrà."

Riguardo alle aspettative intorno al nuovo album dei BCC, Hughes ha detto: "Il mondo ha bisogno di un altro grande album rock. I BCC sono grandi, mi danno un'enorme energia per tornare a scrivere, sono felice di tornare a lavorare insieme. 
Io e Joe agli inizi abbiamo lavorato di più insieme, prima che Derek, Jason e Kevin Shirley si unissero a noi. Abbiamo lavorato insieme per tutto il 2009 e Joe mi disse molto onestamente di essere un'artista solista e che tale sarebbe rimasto per tutta la vita. E io dissi 'ok, è fantastico!' Non gli ho mai chiesto di cambiare per stare nella band con me. Ho altre cose da portare avanti, e musicisti con cui suonare. Io e Joe sapevamo che non sarebbe finita, che i Black Country Communion avrebbero fatto altri concerti quando sarebbe arrivato il momento. Ed ora eccolo! Abbiamo fatto 33 show in 3 anni, che non è una grande cifra. Ma non avevamo delle aspettative particolari. Quando poi ci siamo separati, il problema è stato: se non puoi suonare altri concerti, non ha senso fare altra nuova musica. Sai, io continuavo a scrivere tutto il tempo."
"Dissi a Joe: 'devo fare un disco solista.' Lui rispose che andava bene ed è andata così, con la mia carriera solista che viene prima del resto."


venerdì 15 luglio 2016

Piazzola del Brenta impazzisce per il British Blues

Giovedì 14 luglio 2016, Anfiteatro Camerini di Piazzola sul Brenta (PD).
«Se non fosse stato per certi musicisti inglesi dei primi anni Sessanta, il blues non si sarebbe mai evoluto nella musica rock che oggi conosciamo»


Joe Bonamassa è una delle persone più serie, determinate e talentuose del music business di oggi. Non si scherza con Joe e le sue qualità tecniche quando si tratta di suonare della grande musica e non ha problemi ad ammettere che senza Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page, probabilmente sarebbe diventato una persona qualunque con un impiego normale come addetto alle vendite o simili. La devozione verso i tre chitarristi inglesi cui rende omaggio con il suo British Blues Explosion Tour è totale. In una recente intervista Bonamassa ha raccontato come le prove per questo concerto siano state un vero e proprio viaggio nella sua infanzia, quando era un bambino che passava le giornate in compagnia della sua chitarra e di un certo tipo di musica che da subito ha vissuto con passione ed ammirazinoe, come nel caso degli Yardbirds, dei Cream e dei Led Zeppelin. Molto più che semplici influenze musicali quindi, ma un vero e proprio legame che dura una vita tra Joe Bonamassa ed i pezzi in sclaetta durante questo tour.  

La scaletta del concerto di Padova: 

1. Beck’s Bolero / Rice Pudding
2. Mainline Florida
3. Boogie with Stu
4. Let Me Love You Baby
5. Double Crossing Time
6. Motherless Children
7. SWLABR
8. Tea for One / Can’t Quit You Baby
9. Little Girl
10. Pretending
11. Black Winter / Django
12. How Many More Times
13. Sloe Gin


Il concerto si è concluso sotto il diluvio con una versione di Sloe Gin che solo i più temerari hanno potuto apprezzare fino alla fine, dato che l'incredibile acquazzone ha costretto la folla a cercare improvvisamente riparo dove possibile. Se da questo straordinario tour verrà estratto un DVD non lo sappiamo, ma di sicuro l'idea sarebbe premiata dall'apprezzamento in massa da parte dei fans di Joe Bonamassa e del British Blues in generale. 

domenica 10 aprile 2016

Tour USA Aprile-Maggio 2016

APRILE 2016
23    LONG BEACH, CA   USA   TERRACE THEATER
25   BAKERSFIELD, CA   USA    RABOBANK THEATER
27   FRESNO, CA   USA   SAROYAN THEATRE
29   RENO, NV    USA   RENO EVENTS CENTER
30   STOCKTON, CA   USA   BOB HOPE THEATRE

MAGGIO 2016
03  OKLAHOMA CITY, OK  USA  CIVIC CENTER MUSIC HALL
04  OMAHA, NE  USA  HOLLAND PERFORMING ARTS CENTER
05  SIOUX FALLS, SD  USA  WASHINGTON PAVILION
07  FARGO, ND  USA  FARGO CIVIC CENTER
09  ROCHESTER, MN   USA  MAYO CIVIC CENTER
10  DAVENPORT, IA  USA  ADLER THEATRE
12  GREEN BAY, WI  USA  WEIDNER CENTER FOR THE PERFORMING ARTS
13  MADISON, WI  USA  ORPHEUM THEATER
14  MERRILLVILLE, IN  USA  STAR PLAZA THEATRE
17  SOUTH BEND, IN  USA  MORRIS PERFORMING ARTS CENTER
19  WILKES-BARRE, PA  USA  KIRBY CENTER FOR THE PERFORMING ARTS
20  ATLANTIC CITY, NJ  USA  TROPICANA SHOWROOM
21  PROVIDENCE, RI  USA  PROVIDENCE PERFORMING ARTS CENTER
22  ANNAPOLIS, MD  USA  CHESAPEAKE BAY BLUES FESTIVAL
24  BINGHAMTON, NY  USA  THE FORUM THEATRE
26  WORCESTER, MA  USA  HANOVER THEATRE FOR THE PERFORMING ARTS
27  HAMPTON BEACH, NH  USA  CASINO
BALLROOM
28  HAMPTON BEACH, NH  USA  CASINO
BALLROOM














venerdì 8 aprile 2016

Jeff Beck - Truth (1968) - FridayNightBlues

Eccoci al nostro secondo appuntamento con la rubrica Friday Night Blues. 
CLICCA QUI per leggere la prima puntata. 

"Il tour che porterà Bonamassa a passare per l'Italia prende il nome di A Tribute To The Blues Explosion.
Cosi abbiamo deciso di scegliere, ogni Venerdì, un disco blues legato alla storia del British Blues per prepararci culturalmente e non solo ad uno dei giorni più belli e divertenti della settimana, ma anche a quello che sarà uno dei concerti più belli e divertenti della nostra estate (Padova, 14 Luglio 2016)"
JBI

JEFF BECK - TRUTH 



Probabilmente Truth rappresenta uno degli esempi migliori delle abilità musicali e chitarristiche di Jeff Beck. Stiamo parlando di un album straordinario, pubblicato nell'Agosto del 1968, che in parte può essere paragonato al primo disco dei Led Zeppelin, con cui condivide la potenza ed il fascino ma anche la cover di You Shook Me. E' un album che piacerà sicuramente a chi apprezza il rumore ed il feedback, l'energia tipica del rock blues e di quel British Blues di cui questo album, uno dei migliori della carriera di Jeff Beck, ne rappresenta un caposaldo.
I brani che vi consigliamo sono Shape Of Things, versione psichedelica del classico degli Yardbirds e Blues Deluxe, composta da Beck e Rod Steward. Musicisti illustri che hanno partecipato alla realizzazione del disco sono Jimmy Page e John Paul Jones dei Led Zeppelin e Keith Moon degli Who. Completano la squadra di egregi musicisti Nicky Hopkins al piano, Ron Wood al basso Mickie Waller alla batteria. 

- SHAPES OF THINGS:

- BLUES DELUXE:

mercoledì 6 aprile 2016

Vi racconto la creazione della pagina di JBI

Più di qualcuno a volte mi chiede come è nata la passione per Joe Bonamassa e io ho deciso di fare una cosa: 
Vi racconto la creazione della pagina di Joe Bonamassa Italia. 


Sembravo l'unico essere vivente che conoscesse questo musicista. E ci ho pensato un mese prima di iniziare questa piccola avventura. Il primo Mi Piace fu letteralmente elemosinato ad una ragazza che tutt'oggi forse non ascolta nemmeno i dischi di Joe, ma la ringrazio per la fiducia. Altre persone intorno a me tendevano a prendere in giro me e lo strano suono del cognome di Joe, che provocava spesso un sorriso a chi lo sentiva per la prima, ma anche per la seconda, terza volta. Andai ad Amsterdam e tornai dopo credo una settimana. 
Un giorno saprò raccontare in un libro tutte le varie vicissitudini che hanno preceduto la creazione della pagina, non perché io sia qualcuno in particolare, ma perché penso sia una storia condivisibile dalla maggior parte dei ragazzi italiani che provano a fare musica in questo paese. 


Comunque proiettiamoci indietro di 4 anni: mi ritrovo da solo, con una grande passione per la musica, con il mio amplificatore e la mia chitarra, per nulla soddisfatto delle varie e brevi esperienze collezionate con altri musicisti locali, tutte finite tra l'altro nell'incoerente decisione di dedicarsi ad altro e di lasciare che altre  cose si mettessero in mezzo tra me e la mia "missione". 
Qualcosa di simile si sta ripetendo anche ora, e come allora reagisco prendendola come una occasione per dedicarmi alla crescita tecnica (da poco ho ripreso lo studio della voce) e alla storia della musica, mettendo da parte per forza di cose il sudore della sala prove. 
Sentivo di aver esplorato tutte le strade possibili e rischiavo di perdere la creatività, cosi cercavo uno che fosse davvero bravo con la chitarra e che potesse illuminarmi in qualche modo. 
Sembra incredibile, ma cercando uno a caso ho trovato Joe Bonamassa.
Il requisito fondamentale che questo musicista doveva avere, era che doveva essere contemporaneo e il più giovane possibile perché volevo pure sviluppare un punto di vista nuovo sulla situazione musicale moderna (parliamo di tre anni fa in realtà ma poco cambia). 
Trovai due risultati, due chitarristi, tra cui ne scelsi a pelle uno. E non mi sono mai pentito di quella scelta, credo sia verissimo quando si dice che l'istinto non sbaglia mai. 
Da li ho scoperto tanti altri personaggi meravigliosi del mondo della musica, soprattutto Stevie Ray Vaughan, ma anche generi per me nuovi come il blues, il british blues, il rock-blues e via dicendo. 
Ho deciso che avrei preso lezioni di chitarra, perchè c'erano queste strade musicali di cui nessuno mi aveva mai parlato e che non volevo esplorare da solo. 
Ho praticato da allora una dedizione alla musica ancora più profonda, ho scoperto personaggi con storie molto più difficili delle mie. Ad un certo punto mi sono auto-diagnosticato il blues e per la prima volta ero felice per quegli stati d'animo che prendevano finalmente un senso.  
Non solo Joe Bonamassa quindi, ma Stevie Ray Vaughan, Rory Gallagher, BB King.  Con il tempo ho ritrovato la mia strada, ho continuato il mio percorso che non è strettamente legato alla tecnica o alla musica di questi personaggi, ma da cui sicuramente ho preso le basi a livello di dedizione ed umiltà verso questa forma di arte splendida. Non ho mai pensato di imitare Joe Bonamassa, nè nessuno degli artisti che ho scoperto. Non ho mai voluto imparare a suonare tutti i loro licks, o a riprodurre fedelmente il loro suono. Semmai ho consolidato la sensazione che potevo essere me stesso, musicalmente soprattutto, ma anche nella vita di tutti i giorni.

La prima foto che ho visto di Joe Bonamassa lo ritraeva mentre si esibiva con una chitarra acustica allo Stafford Center in Texas. Biondo, un po' sovrappeso, con gli occhiali, ancora oggi guardo questa foto e ci vedo una persona completamente diversa da quella che avrei imparato a conoscere...sono solo io che ho questa impressione?


PS Ho detto che tra i risultati della mia ricerca, la mia scelta si riduceva a due musicisti; l'altro era Mr John Mayer, che è un grande artista che scrive canzoni molto belle, ma che non mi ha mai particolarmente ispirato, per qualche ragione che solo la dea musica può sapere. 

martedì 5 aprile 2016

I 10 migliori bluesman di sempre ?

Abbiamo raccolto, girando per la rete, vari sondaggi e discussioni molto interessanti, ma anche un po' tutte uguali, riguardo alla presunta lista dei 10 musicisti blues migliori di sempre, ammesso che sia mai possibile stilare una lista del genere. In effetti, come sempre, noi tendiamo a prendere queste situazioni per quello che sono, cioè un momento buono per rispolverare vecchi vinili, e con la scusa della classifica, riascoltarli di nuovo. Abbiamo inoltre deciso di impreziosire la lista con delle citazioni ad opera, dove non espressamente indicato, degli stessi musicisti in questione.



1 - Robert Johnson
Per me Robert Johnson è il più importante musicista blues mai vissuto. Non ho mai trovato nulla di più profondamente intenso. La sua musica rimane il pianto più straziante che penso si possa riscontrare nella voce umana. (Eric Clapton)


2 - BB King 
- "Hai letto cosa ha detto di te John Lennon, B?"
- "No, cosa ha detto?"
- "Che gli piacerebbe saper suonare la chitarra come BB King!"


3 -  Muddy Waters
Dalle parti di Clarksdale c'è un certo Muddy Waters che ha imparato da Little Robert e da me e mi dicono che è diventato un discreto musicista. (Alan Lomax)

4 - Buddy Guy
"Se senti i testi, parliamo di cose di tutti i giorni. I ricchi che vogliono tenere tutto per loro, i poveri che provano a fare un po' di soldi, e tutti quanti che hanno problemi con le mogli o con i mariti"


5 - Willie Dixon 
"Il Blues riguarda fatti di vita reale che vengono espressi attraverso le parole e la musica. C'è sentimento, ispirazione e comprensione"


6 - John Lee Hooker
"Quando ero a Detroit, ogni notte doppo il lavoro ero solito andare in questo bar, Apex Bar. Il barista mi chiamava sempre Boom Boom. Non ho mai capito perchè, ma mi ha sempre chiamato così!"


7 - Howlin' Wolf
"Il lavoro in fattoria è sempre stato il mio business. Mais, bovini, soia. I semi di soia fruttano parecchi soldi"


8 - Albert King
"Non so leggere, non sono capace a scrivere. Tutta la mia vita è stata una grande battaglia!"


9 - Blind Lemon Jefferson
"Ho amato il blues sin da quando mia madre mi portava in chiesa ed ascoltavo il gospel. Ma avevo una zia che aveva dei dischi meravigliosi, come quelli di Blind Lemon Jefferson" (BB King)


10 - Jimi Hendrix
"Avrei voluto ci fossero state delle chitarre elettriche in quei campi di cotone di una volta. Molte cose sarebbero andate meglio"


venerdì 1 aprile 2016

Recensione Blues Of Desperation di Luca Coccia

Il nuovo album di Joe Bonamassa inizia con 3 canzoni che volano via senza nemmeno lasciare il tempo di pensare troppo al blues, al rock o al giusto mix dei due generi che le compongono. 
Faccio quindi una pausa per scrivere perché l'impressione è quella di essere stato rapito e non riesco a buttare giù nemmeno una riga. Organizzo le idee, mi siedo, mentre la quarta traccia parte da sola come un segno del destino, costringendomi a riassumere in breve i miei primi pensieri. 
Ritrovo un Joe Bonamassa in grande forma, che guida in direzione del successo, come dimostra la repentina entrata in classifica  del suo ultimo lavoro. Con un tocco in meno di blues ed uno in più di rock...

THIS TRAIN: non c'era titolo migliore, si tratta veramente di un treno: ritmo, melodia e suono che travolgono, una corsa che non stanca. Voto:9
MOUNTAIN CLIMBING Il chitarrista è libero di sviluppare in maniera molto personale il sound più "Zeppeliano" del suo playing, ed è un bene! Voto: 8 
DRIVE il singolo che cresce ad ogni ascolto, e dopo vari tentativi colgo quelle sfumature affascinanti che inizialmente non percepivo. Rivalutare una canzone dopo vari ascolti o giorni, è una caratteristica di molti grandi pezzi composti dagli artisti migliori. Spesso è l'ascoltatore che deve preparare l'orecchio per qualcosa di nuovo o diverso.   Voto: 7,5
NO GOOD PLACE FOR THE LONELY, ci si abbandona al suono sensuale di uno slow blues, genere in cui Joe Bonamassa è un vero e proprio maestro. Indubbiamente un bel pezzo, forse un po' troppo prevedibile...ma ecco che questo sound rende tutto maledettamente magico e capisco che è giusto cosi! L'assolo finale meriterebbe un voto a parte, ma nel complesso... Voto 6,5
BLUES OF DESPERATION, la titletrack. C'è qualcosa di strano, una specie di ranocchia in sottofondo che mi coglie del tutto impreparato, atmosfere indianeggianti, melodie quasi malate. Eppure questa canzone funziona, il riff mette decisamente in chiaro chi è che comanda qui. Mi piace. Voto:7
THE VALLEY RUNS LOW, canzone più pacata, con un dolce controcanto femminile, chitarre acustiche e atmosfere celestiali. Amo questa canzone sin dal primo ascolto come si può amare un vento caldo quando ci accarezzail viso. Voto:7,5
YOU LEFT ME NOTHING BUT THE BILL AND THE BLUES gioca in casa per me; già dal titolo ha un posto nel mio cuore, la proporrei al governo come inno nazionale sicuro che in molti l'apprezzerebbero! E' un rock blues energico, un pezzo decisamente ballabile, con il suo rotolare lungo la strada che va dritta al punto: la musica è divertimento in fondo, e questo pezzo è il più divertente di tutto il disco (da notare l'imprecazione in sottofondo non appena i musicisti smettono di suonare !). Voto:8,5
DISTANT LONESOME TRAIN. Questa volta il treno è immerso in un'atmosfera quasi direi rabbiosa. Esce fuori un pezzo che speriamo possa essere uno dei cavalli di battaglia delle esibizioni dal vivo del prossimo tour.  Voto:7
HOW DEEP THIS RIVER RUNS Non è uno dei momenti migliori del nuovo disco, ma di sicuro una canzone molto godibile che conferma gli alti standard di questo nuovo lavoro in studio. In alcuni passaggi ricorda la canzone Different Shades Of Blue. Voto:6
LIVIN' EASY e WHAT I'VE KNOWN FOR A VERY LONG TIME pur essendo canzoni particolari che non hanno il compito di rappresentare il disco nella sua complessità, mi aiutano a delineare meglio le mie impressioni finali. La prima in particolare infatti, con un sax spesso protagonista, e un ritmo honky tonk di sottofondo, dimostra la voglia di Joe di non incatenarsi alla sua comfort zone e questo non lo dico solo io, ma lo confermano le numerose recensioni, tutte positive, che il disco sta riscuotendo dopo appena un paio di giorni dalla sua pubblicazione.  Voto:7 ad entrambe

RECENSIONE COMPLESSIVA DELL'ALBUM:
"Quello che ho sempre saputo" è che Joe Bonamassa non delude le aspettative con un disco fatto di canzoni che non cambieranno il mondo, ma che aiuteranno a capire i suoi ascoltatori che ci si può mettere in gioco, fare quello che si sa fare al meglio, senza adagiarsi su un binario prestabilito. E poi lavorare duro, sempre, con passione e dedizione. Con onestà. Mi piace il nuovo Joe Bonamassa, non è un musicista che puoi permetterti di dare per scontato, grazie alla sua personalità divertente, profonda, sensibile e forte allo stesso tempo. Come questo disco: fantastico! 
P.S. E' decisamente il miglior musicista dei miei tempi. Per me che non ho vissuto gli anni '60, '70, 80, Bonamassa è un legame con il passato, e un faro puntato verso il futuro. 
Recensione dell'album a cura di 
Luca Coccia 
(JBI, Olimpia, Music Festivals All Around The World)


Recensione Blues Of Desperation di Valentina Di Vito



THIS TRAIN: This Train è il brano d'apertura del disco. Con il suo ritmo sostenuto rappresenta un grande inizio per chi ascolta per la prima volta questo disco. La voce di Bonamassa è sempre al top e rimane uno degli elementi portanti all'interno delle sue canzoni, dopo ovviamente i suoi incredibili assoli, che anche su questa traccia non mancano. Voto 6,5

MOUNTAIN CLIMBING: Caratterizzata da un riff potente che sorregge l'intera canzone con un'energia tipica del sound Bonamassiano. Canzone che, a mio parere, raggiunge il top durante i live, mi piace pensarla come una scelta azzeccata per l'eventuale secondo singolo, poichè racchiude lo stile classico di Joe alla chitarra, ma allo stesso tempo è orecchiabile e radiofonica. Voto 7,5

DRIVE: è il singolo estratto dall'album. Non è una classica canzone alla Joe Bonamassa, ma è una canzone facilmente passabile per radio, come lo era ad esempio "Driving Towards The Daylight" del precedente omonimo album. Tuttavia, pur non essendo caratterizzata da riffoni potenti come Mountain Climbing, Drive è una scelta perfetta come singolo, poichè in questo modo Joe si rende accessibile ad un pubblico più vasto e non più solamente ai puristi del blues-rock. Voto 7,5

NO GOOD PLACE FOR THE LONELY: Giunti alla quarta traccia del disco, ci troviamo finalmente di fronte ad una classica canzone nel puro stile blueseggiante del Joe dei primi album. Impeccabile esecuzione chitarristica come sempre, e voce perfetta. Voto 7

BLUES OF DESPERATION: E' la canzone che dà il nome all'album. Atmosfere sinistre si legano a schitarrate epiche che la rendono una buona canzone, ma che non va oltre un simbolico 6. Quindi... Voto 6

THE VALLEY RUNS LOW: canzone leggera, quasi con un tocco country, è una canzone simile per stile a Drive. Voto 6,5


YOU LEFT ME NOTHIN' BUT THE BILL AND THE BLUES: arrivati oltre metà album, questa canzone esordisce con un bel ritmo sostenuto, come la canzone d'apertura This train. Voto 6,5

DISTANT LONESOME TRAIN: canzone potente, dove la voce calda e profonda di Joe dà una delle più belle dimostrazioni delle sue capacità. Un ritmo sostenuto caratterizza anche questa canzone, che riesce a guadagnarsi mezzo punto in più delle due precedenti. Voto 7

HOW DEEP THIS RIVER RUNS: Brano con ottime potenzialità, ottima interpretazione, ma che non prende il volo. Voto 5,5

LIVIN' EASY: Canzone in puro stile blues, decisamente godibile, eppure a mio parere non riesce ad avere quella scintilla che occorre per superare una comunque solida sufficienza. Voto 6

WHAT I'VE KNOWN FOR A VERY LONG TIME: Brano di conclusione dell'album, come le precedenti tre, secondo me non riesce abbastanza a sorprendere l'ascoltatore. L'album si apre con brani interessanti, ma via via perde sempre più presa e si trasforma in qualcosa di piacevole da sentire, ma che non arriva oltre la sufficenza. Voto 6

RECENSIONE COMPLESSIVA DELL'ALBUM:
Blues Of Desperation, dodicesimo album in studio del chitarrista americano Joe Bonamassa, è un album bello, ben realizzato, ben interpretato e molto curato per quanto riguarda il suono, la strumentazione utilizzata e la voce del nostro Joe, proprio come ci si aspetterebbe da lui. L'artista dimostra di essere tanto bravo a curare la realizzazione di un disco, quanto forse un pò meno bravo nel creare qualcosa di davvero nuovo e che colpisca l'ascoltatore. Questo si era già notato, a mio avviso, nel precedente album, Different Shades Of Blues, ma che qui diventa molto più evidente. Io, pur amando Joe alla follia, ammetto di non aver ricevuto quella carica e quell'energia che album come Blues Deluxe, Dust Bowl, Black Rock, The Ballad of John Henry, ma anche il più recente Driving Towards The Dayight mi avevano dato. E' un album che si merita un sei e mezzo, con un'ulteriore menzione negativa per quanto riguarda la copertina, che personalmente non ho trovato di mio gradimento. Concludo dicendo che capisco quanto può essere difficile dover inventare cose nuove, soprattutto per uno come Joe, che si è sempre distinto per la sua rielaborazione personale di brani di altri autori, più che per canzoni scritte da lui. Aspettiamo con impazienza il nuovo album, sperando che Joe stavolta tiri fuori la sua vena creativa e la esprima ai massimi livelli. 
Valentina Di Vito

Recensione dell'album a cura di 
Valentina Di Vito 
(JBI, Olimpia, Music Festivals All Around The World)


Bonamassa annuncia il suo ritiro alla fine del tour

Joe Bonamassa dice stop alla chitarra. "Dopo il tour di promozione di Blues Of Desperation ho intenzione di prendermi una lunga pausa a tempo indeterminato. Ho suonato ininterrottamente per gli ultimi 13-14 anni...credo che questo disco, che nasconde una dichiarazione d'intenti sin dal titolo, possa essere il giusto epilogo alla mia fortunata carriera" avrebbe confidato Joe al fidato amico e produttore Kevin Shirley, che nel caso proseguirebbe la sua carriera di produttore-imprenditore valutando l'opportunità di investire parte dei proventi derivanti dall'ultimo lavoro in studio per aprire una friggitoria sul Mississippi con il noto marchio "First April Fish". 


giovedì 31 marzo 2016

L'unicità di Eric Clapton - parte 2

BUONA LETTURA


C'erano molti virtuosi della chitarra all'epoca. Nel Jazz c'era Les Paul, West Montgomery, Joe Pass e tanti altri. Il blues "nero" aveva portato alla luce tanti musicisti carismatici: Muddy Waters, BB King, Albert King e Freddie King. Il rock'n'roll stava ampliando i licks country di Scotty Moore, James Burton e Carl Perkins, nonché l'r'n'b di Chuck Berry, uno stile che venne portato avanti da Keith Richards dei Rolling Stones. Fu allora che più o meno in maniera simultanea comparvero i protagonisti della scena di Londra: Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page


Clapton era un passo avanti, per via della sua passione maniacale nei confronti del blues. Suonava la chitarra da quando aveva 13 anni e si era innamorato del blues americano. Era un giovane ragazzo della middle-class che passava il tempo ad ascoltare oscuri vinili di importazione. 
"In Inghilterra venivamo bombardati di musica pop più che in qualsiasi altro paese. Quindi dovevi crearti un percorso per conto tuo per arrivare alla musica soul o blues dei neri. Molti chitarristi rock venivano dal rockabilly. Jimmy Page e Jeff Beck sono cresciuti ascoltando chitarristi come Scotty Moore e Cliff Gallup. Io ero ossessionato dai musicisti neri del blues, e la questione fondamentale era riuscire ad unire quello stile con un tipo di rock alla Chuck Berry" racconta Clapton.
In qualche modo favorito dal fatto di essere un giovane solitario, se pur pieno di turbamenti, cominciò dunque ad applicarsi diligentemente.
"Il Blues è una lingua da imparare, come il Francese. Non si tratta di sentimento, ma di mettersi in azione. Ci sono tante cose da imparare e questo significa che devi ascoltare tutto quello che sia mai stato fatto prima. Poi qualcosa succederà. Se fai quello che devi, dando il massimo che puoi per onorare il passato ed il significato del blues, cercnado e studiando, allora inizierai ad esprimerti in una tua maniera. E' quasi impossibile che questo non accada se ami la musica".

"Tutti i chitarristi avevano i loro cinque licks preferiti e Clapton li ha imparati tutti" spiega Reid Savage (insegnante e sessionman inglese) "Ha imparato i primi alla perfezione, per poi ritrovarsi con dieci licks, venti, poi li ha messi sulla scala pentatonica blues in vari modi che gli hanno permesso di avere infinite variazioni, e lo ha fatto direi in maniera piuttosto eroica a mio parere. Lui è stato uno dei primi a darci dentro con l'amplificatore, ottenendo un suono veramente tagliente, che tendeva molto al feedback. Nel rock gli assoli di chitarra non andavano mai oltre il modello alla Chuck Berry. Quindi nessuno prima di allora aveva sentito questo modo di suonare la chitarra elettrica. Clapton ha un debito nei confronti dei bluesman originali, ma molti di quelli venuti dopo lo hanno verso di lui."
Ad ogni modo il chitarrista che tutti riconoscono come il "numero 1" non è Eric Clapton. Jimi Hendrix fece la sua comparsa sulla scena londinese nel 1966 e a detta di molti il suo arrivo scosse parecchio Eric Clapton. "Non mi avevi detto che era cosi bravo!!" dirà Clapton a Chas Chandler, manager di Hendrix, dopo un concerto in cui Jimi aveva jammato sul palco con i Cream
Eric Clapton aveva formato i Cream con due jazzisti, poi collaborò con Steve Winwood al misto di blues soul e fusion dei Blind Faith che lasciò per suonare la chitarra acustica come turnista in quello che fino ad allora era il gruppo che apriva i suoi concerti, ovvero Delaney & Bonnie, passando poi al pop rock dei Derek & The Dominoes con il virtuoso Duane Allman. Nel giro di pochi anni fece delle session memorabili con artisti del calibro dei Beatles, nei lavori solisti di George Harrison e John Lennon, Howlin'Wolf, Buddy Guy, Frank Zappa e Leon Russell. Si dedicò anche al raggae con la popolarissima I shot the Sheriff di Bob Marley
Una serie notevole di esperienze che sono indicative della sua apertura musicale e di una forte curiosità stilistica. 

Clapton sviluppò la propria arte anche dal punto di vista vocale e del songwriting, con dei capolavori assoluti che includono tra gli altri Layla, Bell Bottom Blues e Let It Grow (per non parlare delle ballate come Wonderful Tonight o Tears In Heaven). 
Non ha mai smesso di andare in tour e di registrare: la sua discografia vanta ben 23 album da solista in studio, a partire dal 1970. Sul fatto che possa essere considerato o meno un musicista significativo, i suoi ammiratori-professionisti sembrano non avere dubbi. 
"Lui è ancora il migliore del mondo, posso metterci la mano sul fuoco" dichiara il virtuoso bluesman Joe Bonamassa. "Penso che la qualità migliore che possa avere un muasicista sia quella di riuscire a reinventare il proprio modo di suonare. Nel playing di Eric Clapton puoi trovare una profondità che non c'era nel 1966. Basta ascoltare Groaning the Blues dall'album From the Cradle del 1994, dimmi che non è uno dei migliori assoli blues di sempre? Oppure River of Tears da One More Car, One More Rider del 2002. Li è fuori di sé, come se dicesse a tutti di spaccare il mondo! E' ancora il migliore. Vorremmo sempre tutti avere il suo ultimo amplificatore o la sua nuova chitarra" Con questa ultima frase Bonamassa sottointendr l'importanza e la saggezza con cui Clapton sa ancora creare suoni che fanno da scuola ai chitarristi di tutto il mondo. 

Savage spiega:
"Oggi abbiamo tanti chitarristi heavy metal da 200 note al secondo che fanno su e giù sul manico della chitarra, oppure una marea di gente che non fa che diddly-diddly-diddly-dee...Clapton segue la sua strada. Non ha fretta di suonare veloce come flash, ma ogni fraseggio può uccidere, ed ogni singola nota è fantastica". 
Savage fa notare come Clapton abbia suonato con tutti chitarristi notevoli nell'arco della sua carriera. "E' abbastanza coraggioso da far salire sul palco con lui i musicisti più bravi che ci sono in circolazione, ed è allora che lo vedi fare il suo gioco preferito. Ed è sempre grandioso". 
"E' un chitarrista sprezzante del pericolo" dice Hackett "Ha abbastanza controllo da poter rischiare l'errore, per esempio prendendo una nota diversa per vedere dove quella nota lo porterà, per poi magari riscoprirsi a cavalcarla attraverso la tempesta. Ha sviluppato una tecnica con il bottleneck nel corso degli anni davvero invidiabile, cosi come per quanto riguarda il finger style, spesso con corde di nylon, anche se è sempre sulla chitarra elettrica che credo sia particolarmente unico. Qualsiasi cosa tu faccia con la chitarra, quando inizia ad urlare o comunque a suonare dannatamente bene, possiamo dire che sicuramente stai suonando un pochino alla Eric Clapton. Lui fa parte del vocabolario, è nel dna di questi suoni."

mercoledì 30 marzo 2016

L'unicità di Eric Clapton, che compie 71 anni oggi!

Buon compleanno Slowhand 
Eric Clapton compie oggi 71 anni


Clapton e Bonamassa suonarono assieme sul palco per la seconda volta in occasione del Crossroad Guitar Festival di Antigua. La prima come ricorderete fu in occasione del Live At The Royal Albert Hall in cui Clapton partecipò come special guest (concerto immortalato in DVd e Cd). Riportiamo una frase dell'intervista a Joe Bonamassa avvenuta proprio in occasione di quel secondo incontro:


"Suonare con Clapton è il sogno della mia vita che si realizza! Lui è il mio eroe da sempre, è il motivo per cui io suono uno strumento!
Parole semplici ma che messe vicino ad alcuni anedotti che abbiamo raccontato recentemente sugli inizi incerti di Bonamassa, sulle chitarre tanto amate che è stato costretto a vendere per sbarcare il lunario, danno i brividi!  

Direttamente dall'editoriale britannico Telegraph vi riportiamo alcune interessanti osservazioni sullo stile alla chitarra, alla voce e più in generale alla carriera di questo straordinario artista che è Eric Clapton a cui vanno ovviamente i nostri più sinceri auguri. 
Buona Lettura 

Partiamo con Reid Savage, session man ed insegnate di chitarra inglese, che definisce riassumendolo lo stile di Eric Clapton come musicista: 
"Il suo repertorio di licks è praticamente infinito e sappiamo tutti che i suoi fraseggi sono davvero bellissimi. Clapton sa come aggiungere una indefinibile scintilla alla fluidità del suo playing. Inoltre è anche un cantante e sa quindi anche molto bene come indirizzare il suo stile chitarristico per integrarlo con le linee melodiche della voce. Può suonare in maniera molto rilassata, ma quando deve spingere di più, dimostra di avere la giusta mentalità per farlo, insomma ha decisamente la fiamma dentro e la furia che serve per pestare sulla chitarra; arriva quasi a toccare le cosiddette "bum-notes", cioè delle note fuori scala, ma un'ottima conoscenza delle scale musicali gli permette di uscire fuori da qualsiasi situazione come meglio desidera"
A continuare questa mini analisi non solo del sound, ma della carriera di Eric Clapton è Steve Hackett, virtuoso del progressive rock nonché chitarrista dei Genesis: "L'album che Eric ha registrato con John Mayall & The Bluesbreakers è la bibbia per qualsiasi chitarrista rock!" Registrato nel 1965 e pubblicato nel 1966 in seguito alla breve avventura con gli Yardbirds e mentre era in procinto di fondare i Cream. Hackett aveva appena 16 anni all'epoca quando ascoltò per la prima volta quell'album (soprannominato Beano per via del fumetto che Clapton tiene in mano sull'immagine di copertina del disco) e la sua vita cambiò per sempre. Clapton, invece, era già un veterano di 21 anni! 
"Sin dalla prima nota la chitarra era protagonista assoluta! Il tocco, il vibrato, il tono, tutti questi aspetti. E' anche l'incredibile combinazione Gibson Les Paul/Marshall, che Clapton definì come l'unica che poteva permettersi all'epoca, rivelando una certa casualità fortunata ed involontaria alla base del sound di quei giorni. 
"La tecnica di stare vicini all'amplificatore per ottenere un sustain maggiore faceva parte della sua arte. Iniziò a farlo prima di chiunque altro, anche se The Who, Jeff Beck e Peter Green andavano già verso quella direzione. Diciamo che quando parliamo di Clapton non possiamo non notare come lui sia stato decisamente l'uomo giusto, nel posto giusto, al momento giusto, con la chitarra e l'equipaggiamento giusto. Parliamo di un sound straordinario, un controllo incredibile, una distorsione enorme ed un favoloso vibrato. Un modo di suonare comunque molto spontaneo che venne fuori per la prima volta proprio su quell'album. Tutti i miei amici si mettevano seduti ad ascoltare questo disco per tutta la notte, cercando di coglierne ogni piccola sfumatura o nota. E' stata la nascita del "guitar hero".

mercoledì 23 marzo 2016

A "Red Rocks" l'unico tributo al British Blues negli USA

Siamo ormai a soli due giorni di distanza dalla data in cui verrà ufficialmente pubblicato il nuovo album di Joe Bonamassa "Blues Of Desperation"
Un'altra notizia che i fans hanno accolto con grande entusiasmo è quella relativa al concerto tributo alla musica di Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page
Pochi sanno che questo tour era inizialmente previsto soltanto per l'Europa (Padova, sarà l'unica città italiana interessata all'evento). Sembra in realtà che ci sarà una data negli Stati Uniti, anzi a ben vedere si tratta di una data piuttosto speciale, visto che il concerto si terrà in una spettacolare location già nota agli estimatori di Joe: Red Rocks !
Praticamente un concerto storico: il posto, l'unicità della data, la musica e gli artisti a cui lo spettacolo sarà dedicato ed intitolato. Manon solo...
Vi riportiamo di seguito il riassunto di un articolo a riguardo. Buona lettura amici...
JBI


"Il giovane ragazzo di nome Joe Bonamassa venne letteralmente sconvolto da questa musica che continuava a suonare incollato alla chitarra nella sua cameretta, tanto che man mano che il prodigio della sei corde cresceva e andava migliorando sempre di più, il British Blues rimaneva al centro della sua mente. Per rendere omaggio a questa musica che cosi tanto lo ha ispirato ed influenzato sin da bambino, Joe Bonamassa suonerà canzoni tratte dal repertorio di Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page in occasione di un concerto tributo, che sarà un vero e proprio tour in Europa. 


A Salute to the British Blues Explosion” si terrà nel Red Rocks Amphitheatre, lo stesso luogo dove già in passato Joe tenne uno dei suoi più prestigiosi live, immortalato e pubblicato su dvd (tributo alla musica di Howlin' Wolf e Muddy Waters). 
Come avvenne per quel concerto, anche stavolta l'evento sarà coordinato con l'azione di beneficenza di Keeping The Blues Alive, l'associazione che da anni provvede a stanziare fondi e risorse per gli studenti di musica e per i programmi musicali scolastici destinati ai ragazzi in difficoltà. 


Eric Clapton, Jeff Beck e Jimmy Page, hanno per sempre ridefinito il concetto di chitarra elettrica nell'ambito del blues e del rock. Con un repertorio che va dalla musica dei Led Zeppelin a quella degli Yardbirds questa sarà l'occasione di assistere a qualcosa di veramente speciale, sia per la qualità delle canzoni, sia per l'interpretazione di Joe Bonamassa, e sia, non ultimo, per la causa rappresentata da Keeping The Blues Alive. 



martedì 22 marzo 2016

Recensione Blues Of Desperation a 3 giorni dall'uscita

"Il ritorno di Joe Bonamassa con il suo album migliore dai tempi di The Ballad Of John Henry"  
National Rock Review

Uno tra i tanti meriti che dobbiamo riconoscere a Joe Bonamassa è quello di aver sempre continuato ad esplorare l'universo del rock blues, cercando di tirare fuori qualcosa di nuovo e di fresco ogni volta, con particolare attenzione nel mantenere salde le proprie radici e la propria integrità artistica. 
Per la realizzazione di questo disco Joe ha messo insieme un ensemble di musicisti di tutto rispetto: Anton Fig e Greg Morrow alla batteria, Michael Rhodes al basso e Reese Wynans, che molti già conosceranno essendo stato il tastierista dei Double Trouble di Stevie Ray Vaughan. 
Nella cabina di comando, Kevin Shirley, "collaudato" produttore di grande esperienza. 
In Blues of Desperation c'è tutta la maestria e la tecnica che ci si aspetta da uno come Bonamassa, ma anche degli elementi del tutto nuovi e non riscontrabili in nessuno dei suoi precedenti lavori. Ecco quindi che dopo l'apertura del disco con "This Train", una locomotiva blues e rock pronta ad investire l'ascoltatore, Joe si espone fuori dalla sua "comfort zone" dove si dimostra in gradi di regalare intense emozioni con una canzone acustica che vale la pena riascoltare più e più volte ancora, dal titolo "Valley Runs Low". 
Anche per il lavoro di  "produzione" del disco vale la pena sottolineare l'enorme qualità con cui abbiamo a che fare: siamo ad un livello di professionalità altissimo; Kevin Shirley ha davvero messo della magia in questo lavoro. 
La scelta di aggiungere un secondo batterista, Greg Morrow, va a beneficio della profondità e dello spessore di un sound unico in canzoni come "Mountain Climbing", uno dei capolavori assoluti.


Di grande effetto anche l'inclusione di elementi orchestrali come possiamo ascoltare nello slow blues intitolato "No Good Place For The Lonely".
Molte delle canzoni che compongono la tracklist avranno il potere di trasportarvi lontano nel tempo e nello spazio. Con "Livin' Easy", complici un sax pieno di sentimento ed un pianoforte in stile honky-tonk, sembra di essere in un vecchio bar delle vie del centro di Chicago. Mentre nella traccia "Drive", ultimo singolo di Joe, possiamo immaginarci immersi nelle atmosfere di un viaggio in macchina sulle strade del New Mexico. Quest'ultima canzone davvero non sfigurerebbe come colonna sonora di un film di Hollywood. L'epica title-track più "Led Zeppelin", band e sound a cui Joe Bonamassa ha sempre mostrato grande rispetto ed ammirazione.  Lo slow blues "What I've Known For a Very Long Time" chiude il disco. 
Possiamo ben supporre che chi comprerà l'album proverà tante forti emozioni, ma non di sicuro la "disperazione". Non c'è una sola traccia che non valga abbastanza su questo disco. 

L'album, disponibile in pre-order sullo store di Itunes e Amazon, nonchè sul sito ufficiale di Joe Bonamassa, uscirà il 25 Marzo. L'attesa aumenta: -3!


lunedì 21 marzo 2016

Nuovo videoclip: Mountain Climbing

Mancano ormai pochissimi giorni alla release ufficiale del nuovo album in studio di Joe Bonamassa, BLUES OF DESPERATION, e siccome noi fans non siamo già abbastanza "disperati" nel dover sopportare l'attesa, Joe Bonamassa, o chi per lui, ha deciso di donarci l'inedito videoclip della seconda traccia estratta dal disco:  Mountain Climbing
Caratteristiche del brano sono un solido riff di chitarra elettrica molto anni '70 ed un ritmo scandito dall'incedere deciso della batteria. Un blues rock che nel live riesce addirittura a guadagnare punti in più rispetto ad una già straordinaria versione in studio. Questo discorso è applicabile un po' a tutte le canzoni che Joe Bonamassa esegue dal vivo e ormai sono veramente in pochi coloro che non hanno mai sentito parlare della sua tecnica e dell'attitudine che trasuda dal suo "playing" unico. Ovviamente non possiamo che gioirne, ed iniziare la parte finale del countdown: -5!

Clicca sul link sotto per vedere il video su Youtube :
Joe Bonamassa - Mountain Climbing Live (Fan Video)

Data di uscita dell'album: 25 Marzo !!! 
Effettua il PRE-ORDER del disco, direttamente dallo store ufficiale di Joe Bonamassa, oppure richiedilo al tuo negozio di dischi preferito. 



venerdì 18 marzo 2016

Friday British Blues Night

Cari ragazzi,
noi di Joe Bonamassa Italia siamo sempre alla ricerca di una scusa per parlarvi di ottima musica, ed ecco che recentemente è stata ufficializzata la notizia che Joe Bonamassa intraprenderà un tour interamente dedicato al British Blues, in particolare a Clapton, Beck e Page, tre grandi fonti di ispirazione, legati ad un genere senza il quale il nostro Joe non avrebbe potuto sviluppare il suo talento in maniera così piacevole e passionale. Il tour prende il nome di A Tribute To The Blues Explosion.
Abbiamo la scusa, manca l'idea. Ecco l'idea, molto semplice in realtà, quella di scegliere ogni Venerdì un disco blues legato alla storia del British Blues per prepararci culturalmente e non solo ad uno dei giorni più belli e divertenti della settimana, ma anche a quello che sarà uno dei concerti più belli e divertenti della nostra estate, visto che il tour di Joe Bonamassa passerà anche dall'Italia (Padova, 14 Luglio 2016).
Quale migliore occasione quindi per ripercorrere la storia del genere iniziando proprio da quello che in molti considerano il primo vero disco di british blues della storia?

 JBI


Parliamo di "R&B From The Marquee


Negli anni '60 Long John Baldry entra nei Blues Incorporated di Alexis Korner. Sono una bella coppia indubbiamente, il primo è uno dei migliori cantanti che il British Blues abbia mai avuto, il secondo è tuttora considerato il "padre" del genere, avendone consentito la nascita e lo sviluppo. I Blues Incorporated fondati da Korner nel'61, insieme Cyril Davies, diventeranno una fucina musicale dove avranno modo di esprimersi e partecipare praticamente tutti i personaggi più celebri ed illustri di questo nuovo genere che nasce dalla contaminazione della musica inglese con quella americana. Charlie Watts dei Rolling Stones, così come Robert Plant e Jimmy Page dei Led Zeppelin, Rod Stewart e John Mayall, e la lista continua con nomi più o meno illustri che faranno, ognuno a loro modo, parte del mosaico della storia della musica del XX secolo. Una curiosità: l'album si chiama R&B From the Marquee, ma non si tratta di un album live, tanto meno è stato registrato al Marquee. Questa musica venne incisa su disco nell'arco di un solo giorno (il che crea dei parallelismi con la velocità di registrazione di un disco live) negli studi di Londra della Decca Record's.  Il titolo rimane per me un mistero, il contrario del piacere di abbandonarsi a questo disco in un venerdì sera qualunque. 

mercoledì 10 febbraio 2016

La nascita di "An Acoustic Evening At the Vienna Opera House" pt3

UK Acoustic pt 3 

INTERVISTATORE: Hai usato delle accordature alternative in occasione del tour acustico o era sempre quella standard ?
JB: Si, le abbiamo usate. Le accordature erano quelle del disco nella versione originale dei pezzi. Quindi abbiamo adottato un tipo di accordatura aperta in Do, una "dropped" in Re , alcune addirittura Double dropped in Re. In base a come erano le versioni originali.



INTERVISTATORE: quando suoni la chitarra elettrica con la tua normale band usi il capotasto per qualche canzone?
JB: Per tutto il concerto suono normale, a volte ho un capotasto sul FA e uno sul Fa Diesis , serve per la mia parte cantata.

INTERVISTATORE: Cambi chitarra parecchie volte durante un live, è tutto prestabilito?
JB: Lo faccio per via dei bending... la chitarra si scorda; o magari ho una situazione in cui devo togliere il capotasto e nel bel mezzo di un concerto la chitarra si scorderebbe. Ogni chitarra ha il suo tempo, io provo a far durare la mia Les Paul 3 o 4 canzoni in una serata, ma arrivo a 7 o 8 chitarre a concerto, il che non è male. Ho visto altri fare di peggio...Alcuni cambiano chitarra solo per il gusto di farlo, ma io diventerei matto. Ho provato a fare un intero concerto con una sola chitarra, ma puoi fare circa 8 canzoni al massimo poi l'accordatura è "andata".


INTERVISTATORE: Parliamo di influenze musicali. Ascoltavi parecchi chitarristi country blues quando stavi imparando a suonare? Hanno avuto un'importante influenza su di te?

JB: Si abbastanza. Credo, riguardo la chitarra acustica, che le influenze maggiori per me siano state quelle provenienti da Doc Watson, Stephen Stills e dal materiale acustico di Muddy Waters. Kevin Breit, Ry Cooder...ho ascoltato tanto del vecchio blues. Ho una bella collezione di dischi al riguardo. Il fatto è che questi vecchi bluesman possedevano un sentimento unico che era istintivamente dentro di loro. Vidi Eric Clapton in tv e stava suonando un po' di cose dal repertorio di Robert Johnson e discutevano proprio di questo, da dove questo sentimento (per lo più di tristezza) potesse provenire. Ognuno può interpretarlo in maniera differente. Poi tutto quel materiale fu registrato in maniera abbastanza grezza e non sai mai se quel rumore che senti proviene proprio da quella stanza, oppure se un errore fosse intenzionale o meno. Suonare il blues per me significa esprimere i propri sentimenti, la propria anima, a seconda della propria interpretazione ognuno ha la sua versione. E' abbastanza controproducente copiare e incollare nota per nota il vecchio blues perchè se non eri la, se non c'eri, non puoi sapere davvero cosa loro stessero facendo. E' molto meglio prenderne lo spirito e interpretarlo a modo proprio.

INTERVISTATORE: La tua cover di "Stones in my pathway" di Robert Johnson è un cerchio che si chiude. Hai incluso una versione elettrica sul tuo album Driving towards the daylight e per il nuovo album (nb an acoustic evening at the Vienna opera house) sei ritornato alla versione acustica...
JB: E' strano perchè praticamente abbiamo fatto una versione alla Led Zeppelin in studio e poi abbiamo "smontato" l'ispirazione zeppeliana per la versione acustica. Abbiamo provato a tenere tutte le cose che Robert metteva in questa canzone e le abbiamo usate per la nostra versione: i cambi di tempo, di metrica e il fatto che la canzone avesse 3 o 4 diverse parti.

INTERVISTATORE: Quindi Robert Johnson è una delle tue fonti d'ispirazione? Cosa hai appreso dalla sua musica?
JB: Ho tutti i suoi dischi e possiamo dire che gente come Robert Johnson e Son House...beh il loro modo di attaccare la chitarra, ti porta a pensare che fossero stati posseduti o qualcosa del genere, specialmente Son House. Penso che uno che riesca a fare la stessa cosa al meglio, in tempi moderni, sia John Hammond jr., conosce davvero bene quel tipo di musica. E' la sua area di specializzazione in continuo studio. Ha anche fatto un bel film nel 1980 in cui si reca nei pressi del Delta per riscoprire tutte queste cose, è veramente incredibile.

INTERVISTATORE: Sei conosciuto anche per essere un artista che non smette mai di essere in tour o di registrare , cosa c'è ora nel tuo immediato futuro?
JB: Questa è l'anno del dvd (Joe ha appena registrato un Dvd sui suoi lavori live, dal Borderline alla Royal Albert Hall). Sto registrando anche un dvd con Beth Hart. Ho appena fatto un disco con lei ed è bellissimo, sarà il secondo episodio del nostro catalogo insieme e sarà eccezionale. La sua voce è meravigliosa ed è stato un piacere mettere su una band per suonare delle grandi canzoni. Questo è quello che ci aspetta.

INTERVISTATORE : Hai lavorato con molti artisti nel corso degli anni, compreso Clapton, Paul Rodgers, John Hiatt tra gli altri. C'è qualcuno in particolare con cui vorresti in futuro collaborare?
JB: Mark Knopfler senza dubbio....ci sono un sacco di persone sai? ma tutto accade per una ragione ...non ho suonato con Clapton alla Albert Hall senza un motivo. Per me ha un gran significato, sono lusingato del fatto che lui abbia voluto esserci, cosi come per Paul Rodgers, John Hiatt e Beth Hart, e tutte le persone con cui ho collaborato negli anni, è stata una eccezionale e divertente esperienza con tutti finora.



domenica 7 febbraio 2016

La nascita di "An Acoustic Evening At the Vienna Opera House" pt2

                                    UK "Acoustic" pt.2
                                               (clicca QUI per tornare alla PARTE 1)   

INTERVISTATORE : Come è ovvio che sia, per passare da un'atmosfera elettrica ad una acustica, gli arrangiamenti delle canzoni hanno subito delle modifiche. Te ne sei occupato da solo?
JB: Beh, avevamo già gli arrangiamenti perchè Kevin mi ha fatto registrare le demo di tutte le canzoni, in parole povere disse: "Suona tutte le canzoni, arrangiale disponendo come meglio credi la struttura e registrati da solo utilizzando solo una chitarra e un microfono." Quindi abbiamo utilizzato queste versioni come modello oltre alla loro versione originale presente sul disco o con cose tipo "Black Lung Heartache" che ha tutti quegli arrangiamenti per mandolini. Insomma avevamo l'idea; avevamo le strutture e 3 giorni sono bastati a malapena probabilmente. Eravamo stressati, dovevamo fare in fretta per mettere insieme 20 canzoni. Ma sai, io credo sia venuto tutto molto bene. Le prime canzoni sembravano vacillare un po', ma alla fine funzionarono.



Hai una quantità ingente di materiale nel tuo catalogo da cui attingere, cosa ha influenzato la scelta delle canzoni da proporre in acustico?
JB : Beh, alcune erano scelte ovvie, quelle acustiche per cominciare, altre furono più stravaganti come "Jockey Full Of Bourbon", "Slow Train" e "The ballad of John Henry" . Anche "Sloe Gin", che aggiungemmo all'ultimo minuto, e semplicemente sembrò funzionare bene. E' stata una buona idea, le intenzioni erano giuste e in questi casi trovo che tutto finisca per funzionare alla fine.

 Per proporre delle canzoni rock blues in chiave acustica c'è bisogno anche di "rimodellarle". Hai dovuto cambiare il tuo approccio in termini di stile verso le canzoni?
JB : Beh, non c'è sustain e non ci sono lunghi assoli (risate). Gran parte del lavoro di "rimodellamento" ha riguardato la voce perchè la situazione era del tipo: "caspita, non c'è un lungo assolo qui, dobbiamo passare subito alla canzone successiva proprio adesso". E' una dura prova per la voce che viene sfruttata molto, una canzone dopo l'altra, subito un'altra ancora, e un'altra. Pensavo "cavolo, c'è da cantare parecchio questa volta". Quindi con la chitarra, senza sustain, senza bending ecc qualcosa bisognava fare. La necessità è la madre delle invenzioni, si dice. Trovo che non sia bello quando la gente tratta e suona la chitarra acustica come se fosse una Les Paul. Non è quello il loro ruolo. Cosi mi sono basato sul metodo (playbook) di Stephen Stills.

Andiamo indietro nel tempo, hai iniziato a suonare con l'acustica quando eri bambino o sei passato direttamente all'elettrica?
JB: Sono un chitarrista elettrico. Ho iniziato con l'elettrica, mi sono fatto le ossa con quella. Possiedo delle chitarre elettriche, non sono un chitarrista acustico, capisci. Ci sono musicisti che sono degli artisti in quel campo. Io sono uno che può fare le sue cose e cavarsela se deve usare un'acustica , ma molto spesso scelgo di non farlo (risate)

E' interessante, perchè ho conosciuto un sacco di musicisti che ricordano la loro prima chitarra come uno strumento di tortura per via dell'action (l'altezza, lo spazio tra il manico e le corde) della chitarra troppo alto che rendeva tutto veramente difficile. Ma alla fine dicono che questo abbia contribuito a rinforzare la loro mano sinistra.
JB : Oh si! voglio dire, lo capisco. Un sacco di gente inizia con la chitarra acustica. Incontro sempre ragazzi o padri che vengono da me dopo lo show e dicono che i loro figli vogliono imparare a suonare la chitarra...ma come? Teoricamente, comprando una chitarra economica per iniziare e proseguendo con quella, ma io invece dico "no!", perchè questo li scoraggierà. Se è difficile da suonare, o se un musicista professionista non può tirarci fuori qualche buona nota, alla fine le chance che un bambino di sei anni ci riesca sono nulle. L'acustica è quello che è a questo punto. Io comunque ho dovuto re-imparare le canzoni scavando a fondo nel manuale di canzoni di Doc Watson e altre cose del genere.

Ci sono stati dei "cambiamenti" anche in termini di strumentazione? Per esempio, che corde e che scalatura hai usato per le chitarre acustiche?
JB: Ho usato le .011 - 0.52. Ora suono parecchio l'acustica - voglio dire non sono certo contrario al suo utilizzo - e utilizzo delle Ernie Ball .011 - 0.52. So che possono sembrare leggere per un'acustica ma per me vanno bene. Andrebbero bene anche le .012-0.54 o le 0.13 - 0.56, ma su una Old Martin potrebbero anche essere un problema e non ha senso per me provare in quella direzione. Ho pensato che avrei potuto rendere le cose più semplici. Uso le 0.11 anche sull'elettrica , la cosa strana è questa...sono praticamente la stessa scalatura...l'unica differenza è l'accordatura "wound G" per via del sound, che su un'acustica risulta essere migliore. Ho provato una "plain G" ma sull'acustica è terribile. La scalatura non è appropriata e semplicemente in quel modo non funziona




Vedendo An Acoustic Evening At the Vienna Opera House, ci sei te circondato da una varietà di chitarre acustiche vintage per le quali molti di noi sarebbero disposti a morire. Qual'erano le tue preferite durante il tour?
JB: Beh in seguito, per i miei concerti solisti, ho usato delle Gibson Songwriters, buone chitarre, con pickup Fishman; mi piace il pickup piezo, mentre non mi piacciono i microfoni e tutta quella merda di fronte. Ho anche usato delle Alvarez Yairi e le ho trovate fantastiche... Le ho usate ad intermittenza per un paio di anni. Per il tour acustico ho usato quasi esclusivamente chitarre vintage: delle vecchie Martin, una D-41, D-28, 017. Ho usato anche alcune nuove Gibson: Presentation Model J-45, Advanced Jumbo J-200 ed una che è una vera e propria delizia e cioè una Doc Watson 1978 modello Gallagher, fatto in Wartrace Tennessee, una Grammer Johnny Cash e una Guild 12 corde, jumbo, davvero ottima. Amo le Guild 12 corde, credo siano le migliori.

Le 12 corde possono anche essere difficili da gestire....
JB: Beh questo è quello che amo delle Guilds: a quanto pare suonano sempre bene al contrario di altre chitarre che per via delle sei corde extra tendono a chiudersi/collassare in se stesse.

Che mi dici dell'elettronica invece? Monti la stessa configurazione di pickup su tutte le acustiche?
JB: No. In questo nuovo album è tutto completamente microfonato. Questo era il nostro compito. Niente doveva essere "collegato", una scelta in pieno stile bluegrass (NB bluegrass è un genere di musica tipicamente statunitense, che può essere considerato una branca della country) con microfoni e casse monitor/spie. Dovevamo tenere il volume basso, in poche parole. E suonare forte... il suono mi è piaciuto molto, niente a che vedere col suono plasticoso che ottengono alcune stupide bands. L'unica cosa collegata erano quindi i microfoni e gli ampli PA.

Se le tue chitarre non erano collegate allora che tipo di microfoni avete utilizzato?
JB: Io ho usato un Beyer M69, lo stesso tipo che uso per la voce. Abbiamo usato quello di scorta, era il migliore sia come resa sonora frontale sia per la registrazione. In generale. Eravamo seduti il che aiuta la stabilità di tutto. Era una sfida ma ce l'abbiamo fatta.